COVID-19 e potenziali terapie farmacologiche: focus sulla azitromicina

Non esistono attualmente terapie farmacologiche approvate da AIFA per il trattamento dell’infezione SARS-CoV2, tuttavia alcuni farmaci approvati precedentemente con altre indicazioni terapeutiche hanno mostrato un potenziale effetto anche contro il COVID-19. Vediamo tra questi uno dei più controversi: AZITROMICINA.

 

(Informazioni aggiornate al 5 maggio 2020)

In considerazione dell’assenza di terapie di provata efficacia per COVID-19, si ritiene indispensabile fornire ai clinici elementi utili ad orientare la prescrizione e a definire, per ciascun farmaco utilizzato, un rapporto fra i benefici e i rischi sul singolo paziente.

Inquadramento
Azitromicina (compresse da 500mg o polvere per sospensione orale alla concentrazione di 200 mg/5ml) è un antibiotico della famiglia dei macrolidi, autorizzato per il trattamento di infezioni delle alte e basse vie respiratorie, infezioni odontostomatologiche, infezioni della cute e dei tessuti molli, uretriti non gonococciche, ulcere molli. Il dosaggio indicato è 500 mg al giorno per 3 giorni consecutivi.

Perché alcune fonti indicano il farmaco come utile nella cura di COVID-19?
La proprietà antibatterica dei macrolidi deriva dalla loro interazione con il ribosoma batterico e la conseguente inibizione della sintesi proteica.
Esistono prove che i macrolidi esercitino effetti benefici nei pazienti con malattie polmonari infiammatorie oltre alla loro capacità di inibire la replicazione dei batteri patogeni.
Studi in vitro e in vivo hanno dimostrato che i macrolidi mitigano l’infiammazione e modulano il sistema immunitario; in particolare essi si sono mostrati in grado di causare la downregulation delle molecole di adesione della superficie cellulare, ridurre la produzione di citochine proinfiammatorie, stimolare la fagocitosi da parte dei macrofagi alveolari e inibire l’attivazione e la mobilizzazione dei neutrofili. Il meccanismo con cui i macrolidi esercitano questi effetti antinfiammatori e immunomodulatori non è ben noto.

Quali prove di efficacia e sicurezza abbiamo a disposizione?

(Studi valutati al 2 aprile 2020, più in basso l’aggiornamento al 5 maggio 2020)
Un’analisi retrospettiva su 408 pazienti con batteriemia da pneumococco identificati nel corso di 10 anni a partire dall’isolamento microbiologico ha evidenziato una riduzione della mortalità ospedaliera nei pazienti in cui ad un beta lattamico è stato associato un macrolide (non sono note via di somministrazione, dosaggio e durata del trattamento) rispetto ai trattati senza macrolide. Gli autori evidenziano i numerosi limiti metodologici del confronto e concludono sulla necessità di uno studio prospettico. Nessuna conclusione può essere tratta rispetto al motivo di questa differenza; la possibilità che esista un effetto che va al di là di quello antibatterico è una delle tante ipotesi perseguibili.
In un RCT (randomized clinical trial) versus placebo, la claritromicina somministrata per via endovenosa per 3 giorni, in aggiunta alla restante terapia antibiotica, in 200 pazienti con polmonite e  sepsi associata al ventilatore meccanico ha ridotto il tempo di ventilazione meccanica, ma non ha avuto alcun impatto sulla mortalità.
Un’analisi post hoc dei dati di uno RCT (LARMA trial) su 235 pazienti in ARDS (acute respiratory distress syndrome) con Acute Lung Injury (ALI) ha permesso di osservare che i 47 pazienti che avevano assunto un macrolide (non è noto per quale via, a quale dose e per quanto tempo) presentavano una riduzione della mortalità a 3 mesi rispetto a coloro che assumevano altri antibiotici. Anche in questo caso si tratta di dati preliminari associati ad un elevato numero di confondenti che non consentono di trarre alcuna conclusione.
I macrolidi, a causa di possibili effetti antinfiammatori e forse antivirali, sono stati studiati in pazienti con gravi infezioni respiratorie virali (RVI), ma con risultati incoerenti. In un RCT in aperto di pazienti ospedalizzati con influenza (n=107), la terapia di associazione precoce con claritromicina, naprossene e oseltamivir è stata associata alla riduzione della mortalità e della durata del ricovero in ospedale rispetto alla monoterapia con oseltamivir. D’altra parte, in uno studio osservazionale multicentrico (n=733), i macrolidi non sono stati associati a una migliore sopravvivenza in pazienti in condizioni critiche con influenza A (H1N1) pdm09. In un RCT, in cui 50 pazienti adulti ricoverati in ospedale per una infezione da virus influenzale sono stati randomizzati a ricevere oseltamivir e azitromicina o solo oseltamivir, entrambi per 5 giorni, le citochine pro-infiammatorie sono diminuite più rapidamente nel gruppo oseltamivir-azitromicina, ma senza alcuna differenza fra i due gruppi nella clearance virale.
In uno studio osservazionale retrospettivo condotto in Arabia Saudita su 349 pazienti con MERS non si è osservata alcuna differenza in termini di mortalità a 90 giorni e di clearance virale fra coloro che hanno assunto macrolidi durante il ricovero rispetto a coloro che non li hanno assunti. Anche in questo caso i dati sono da considerare preliminari per i limiti metodologici del tipo di studio.
Per quanto riguarda la COVID-19, l’unica evidenza attualmente disponibile riguarda i risultati preliminari di un recentissimo studio, condotto in Francia su pazienti ricoverati affetti da COVID-19 asintomatici, sintomatici con disturbi a carico delle alte vie respiratorie o sintomatici con disturbi alle basse vie respiratorie con caratteristiche non meglio precisate. Si tratta di uno studio a braccio singolo in cui a 20 pazienti è stata somministrata idrossiclorochina in confronto ad una coorte di controllo costituita da 16 pazienti che avevano rifiutato di assumere idrossiclorochina più altri che non assumevano il farmaco.
In alcuni pazienti del gruppo che ha assunto idrossiclorochina, a giudizio clinico, è stata aggiunta azitromicina (6/20 pazienti) per la prevenzione delle sovrainfezioni batteriche. In tale analisi preliminare, gli autori hanno osservato una percentuale più elevata di clearance virale (esito primario dello studio) nei pazienti che avevano assunto azitromicina e idrossiclorochina rispetto a quelli trattati con la sola idrossiclorochina.
La forza e l’attendibilità del dato tuttavia vengono messe in discussione da importanti criticità metodologiche: studio non randomizzato, bassa numerosità campionaria complessiva (n=36), numero estremamente piccolo dei soggetti esposti ad azitromicina (n=6), numero relativamente elevato – 6/26 – di persi al follow-up). Infine, un recentissimo report relativo ad un piccolo studio francese, ha mostrato che su 11 pazienti con COVID-19 ricoverati consecutivamente e trattati con idrossiclorochina più azitromicina secondo lo stesso schema posologico usato da Gautret et al., uno è deceduto, 2 sono stati trasferiti in terapia intensiva, in uno il trattamento è stato interrotto per l’allungamento dell’intervallo QT. Dei 10 pazienti  sopravvissuti, 8 erano ancora positivi per SARS-CoV2 5-6 giorni dopo l’inizio del trattamento.

(Aggiornamento al 5 maggio 2020)
Sei studi retrospettivi (per la maggior parte non pubblicati ufficialmente) sull’utilizzo in emergenza dell’HCQ (idrossiclorochina), da sola o in associazione con azitromicina, mostrano alcuni segnali di sicurezza di cui è importante tenere conto.

  1. In un primo studio multicentrico internazionale su una coorte di 956.374 pazienti reumatici con uso prevalente di HCQ, il confronto fra coloro in cui è stato rilevato un uso incidente di azitromicina (323.122 casi) e coloro che hanno aggiunto incidentalmente amoxicillina (351.956 casi) mostra che alla combinazione di HCQ+azitromicina è associato un aumento del rischio di mortalità cardiovascolare a 30 giorni [HR 2,19 IC: 1,22-3,94].
  2. Un secondo studio multi centrico condotto negli USA riporta i risultati di un’analisi retrospettiva su 362 pazienti di sesso maschile ricoverati per infezione da SARSCoV-2 ed esposti a HCQ (97 pz.), a HCQ+azitromicina (113 pz.) o non esposti a HCQ (158 pz.). L’analisi mostra che l’HCQ, con o senza azitromicina, non riduce il rischio di evoluzione verso la ventilazione meccanica, e al contrario si osserva un aumento del rischio di mortalità complessiva [HR 2,61; 95% CI:1,10-6,17; P=0,03] nei pazienti trattati con HCQ da sola rispetto ai pazienti non trattati con HCQ. Inoltre nel sottogruppo dei pazienti in ventilazione meccanica non si è osservata nessuna differenza nella mortalità fra i pazienti esposti e non esposti a HCQ.
  3. Un terzo studio osservazionale retrospettivo su 84 pazienti adulti consecutivi ricoverati per COVID-19 in un ospedale di New York e trattati con HCQ+azitromicina ha valutato le modifiche del QTc dopo 4.3+1.7 giorni di trattamento evidenziando come l’11% dei pazienti raggiungeva valori di QTc > 500 ms, valore associato ad alto rischio di aritmia a rischio di vita. Nella casistica studiata non è stato rilevato alcun caso di torsades de points (TdP).
  4. Un quarto studio osservazionale retrospettivo che deriva dal sistema di reporting spontaneo degli eventi avversi dell’FDA (FAERS) e che considera gli EA di HCQ/CQ da sole, azitromicina da sola, HCQ/CQ+azitromicina, amoxicillina da sola, HCQ/CQ+amoxicillina. Amoxicillina serve come controllo (antibiotico con indicazioni simili ad azitromicina, ma che non prolunga il QTC). Questo è necessario poiché il sistema di rilevamento degli EA non avendo il denominatore rappresentato dall’utilizzo di ciascun farmaco non si presta ad un confronto di numeri assoluti. Sono stati analizzati 13.3 milioni di segnalazioni, HCQ o CQ non sembrano essere associate a un segnale di sicurezza correlato al prolungamento di TdP/QT quando usate da sole. Azitromicina da sola o associata a HCQ/CQ si associa ad un potenziale segnale di sicurezza.
  5. Un quinto studio francese ha incluso tutti i pazienti COVID-19 ricoverati in terapia intensiva e trattati con HCQ (200 mg x2 per 10 giorni) con o senza azitromicina (250 mg al giorno per 5 giorni) dopo aver verificato le controindicazioni/avvertenze d’uso compreso un intervallo di QTc non > 460 ms. L’intervallo QTc è stato monitorato quotidianamente con ECG. Dal 16 al 29 marzo 2020 sono stati inclusi nell’analisi 40 pazienti (75% ventilati, 63% in trattamento con farmaci vasoattivi), HCQ da sola è stata assunta da 18 pazienti (45%), i restanti 22 hanno assunto HCQ+azitromicina (55%); il 50% dei pazienti ha assunto anche altri farmaci che prolungano il QTc. Nessun paziente ha sviluppato aritmie ventricolari gravi, ma l’intervallo QTc è aumentato in oltre il 90% dei casi e in particolare 6 dei 18 paz. (33%) che hanno assunto HCQ+azitromicina hanno sviluppato un aumento del QTc > 500 ms, rispetto a 1 su 22 (5%) di quelli trattati
    con HCQ da sola (P =.03). Tale risultato non è trasferibile al di fuori del setting della terapia intensiva.
  6. Un ulteriore studio osservazionale che ha riguardato 90 pazienti, di cui 37 trattati con HCQ e 53 con HCQ+azitromicina, ricoverati presso il Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston ha evidenziato come in entrambi i gruppi si sia osservato un intervallo QTc ≥ 500 msec in circa il 20 % dei casi e allungamenti ≥ 60 msec rispetto al basale nel 13% nel gruppo di combinazione verso il 3% di HCQ da sola. In un paziente del gruppo HCQ+azitromicina è stata osservata una torsione di punta successivamente all’allungamento del QT.

Gli studi presentati sono tutti osservazionali retrospettivi, ognuno di loro quindi  presenta una serie di limiti e caratteristiche diverse. Lo studio 1. è di dimensioni rilevanti e metodologicamente robusto, osserva una realtà sostanzialmente extraospedaliera, ma non comprende pazienti COVID; gli studi 2. e 3. e 5. e 6 presentano una numerosità molto limitata, si riferiscono a setting ospedalieri diversi e osservano pazienti COVID. Lo studio 3. è una raccolta di segnalazioni spontanee di eventi avversi con i limiti che tale raccolta presenta e non comprende pazienti COVID. Nessuno studio consente di trarre conclusioni definitive e tutti suggeriscono l’urgente necessità di studi randomizzati.
Nell’attesa che ciò avvenga, a fronte delle incertezze in termini di beneficio, si ritiene utile sottolineare il rischio potenziale del prolungamento dell’intervallo QT indotto dall’associazione di HCQ ad azitromicina, in particolare in presenza di fattori di rischio noti o di setting ospedalieri.

Per quali pazienti è eventualmente raccomandabile?

Linee di indirizzo per l’uso terapeutico
La mancanza di un solido razionale e l’assenza di prove di efficacia nel trattamento di pazienti COVID-19 non consente di raccomandare l’utilizzo dell’azitromicina, da sola o associata ad altri farmaci con particolare riferimento all’idrossiclorochina, al di fuori di eventuali sovrapposizioni batteriche. L’uso dell’azitromicina per indicazioni diverse da quelle registrate può essere considerato esclusivamente nell’ambito di studi clinici randomizzati. Gli usi non previsti dalle indicazioni autorizzate e non raccomandati, restano una responsabilità del prescrittore e non sono a carico del SSN.

Quali sono le raccomandazioni degli organismi internazionali?

EMA: Nell’ambito di una nota informativa pubblicata il 24 Aprile e riguardante i potenziali rischi associati all’uso della CQ e dell’HCQ, l’Agenzia Europea richiama i prescrittori e i pazienti sul fatto che l’associazione con azitromicina può provocare un’esacerbazione delle stesse reazioni avverse.
FDA: Il 25 Aprile L’Agenzia USA avverte di essere a conoscenza di segnalazioni di gravi problemi del ritmo cardiaco in pazienti (ospedalizzati e non) con COVID-19 trattati con HCQ o CQ, spesso in associazione con azitromicina e con altri medicinali che prolungano il QT, specialmente in pazienti con insufficienza renale. Tali segnalazioni di reazioni avverse includono tachicardia o fibrillazione ventricolare o torsades de pointes e comprendono alcuni casi fatali.
WHO: L’utilizzo di alte dosi HCQ o CQ può essere associato a eventi avversi seriamente negativi per la salute. Gli antibiotici non devono essere usati come mezzo di prevenzione o trattamento di COVID-19.

Quali sono i maggiori rischi in termini di reazioni avverse e interazioni farmacologiche?

Avvertenze e principali interazioni (da scheda tecnica):

Le principali avvertenze riportate in scheda tecnica riguardano:

  • Insufficienza epatica grave
  • Prolungamento dell’intervallo QT. In particolare, nel valutare i rischi-benefici di azitromicina si dovrà tenere in considerazione il rischio del prolungamento dell’intervallo QT, in pazienti:
    • con prolungamento congenito o documentato dell’intervallo QT;
    • in trattamento con altri principi attivi che prolungano l’intervallo QT, quali antiaritmici della classe IA (chinidina e procainamide) e della classe III (amiodarone e sotalolo), cisapride e terfenadina, farmaci antipsicotici come pimozide, antidepressivi come citalopram, fluorochinoloni come moxifloxacina, levofloxacina e clorochina e idrossiclorochina.
    • con alterazioni degli elettroliti, specialmente nei casi di ipopotassiemia e ipomagnesiemia;
    • con bradicardia clinicamente rilevante, aritmia cardiaca o grave insufficienza cardiaca.

Le principali interazioni con i farmaci utilizzati per COVID-19 (dal Liverpool Drug Interaction group) sono:
https://www.covid19-druginteractions.org/

  • Atazanavir (potenziale effetto su tratto Q/T)
  • Lopinavir/Ritonavir (potenziale effetto su tratto Q/T)
  • Clorochina (potenziale effetto su tratto Q/T)
  • Idrossiclorochina (potenziale effetto su tratto Q/T)

 

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Fonte: https://www.aifa.gov.it/aggiornamento-sui-farmaci-utilizzabili-per-il-trattamento-della-malattia-covid19

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