Associazione tra Inibitori della Pompa Protonica (IPP) e prolungamento dell’intervallo QT nei pazienti in condizioni critiche

Il prolungamento dell’intervallo QT indotto da farmaci è stato segnalato come correlato a tachicardia ventricolare polimorfa (Torsione di Punta) pericolosa per la vita. Gli inibitori della pompa protonica (IPP) sono ampiamente prescritti ai pazienti ospedalizzati; sono stati segnalati sia il prolungamento dell’intervallo QT che la torsione di punta associati agli IPP. Abbiamo condotto uno studio per determinare l’associazione tra il trattamento con IPP e il prolungamento dell’intervallo QT nei pazienti in condizioni critiche.

Metodi

Questo studio ha incluso pazienti con referti elettrocardiografici (ECG) provenienti dal database Medical Information Mart for Intensive Care III (MIMIC-III). Sono stati esclusi i pazienti con meno di 18 anni, con esami di laboratorio mancanti al basale e con prolungamento dell’intervallo QT prima del ricovero in terapia intensiva (ICU). L’end point era la diagnosi di prolungamento dell’intervallo QT riportata all’ECG.

Risultati

Questo studio ha incluso 24.512 pazienti in terapia intensiva. Di questi, 11.327 pazienti sono stati trattati con IPP, 4181 con antagonisti dei recettori dell’istamina H2 (H2RA) e 6351 senza terapia antiacida (non-AST); l’incidenza del prolungamento dell’intervallo QT è stata rispettivamente dell’8,5%, 3,3% e 3,4%. Dopo aggiustamento per dati demografici, elettroliti, comorbidità e farmaci, gli IPP erano associati a un rischio maggiore di prolungamento dell’intervallo QT rispetto agli H2RA (OR 1,66, 95% CI 1,36 – 2,03) e ai non-AST (OR 1,54, 95% CI 1,31 – 1,82), mentre non vi era alcuna differenza significativa tra H2RA e non-AST (OR 0,93, 95% CI 0,73 – 1,17). Con l’applicazione del propensity score nella popolazione corrispondente, i risultati sono stati sovrapponibili. Il pantoprazolo (OR 2,14, 95% CI 1,52 – 3,03) e il lansoprazolo (OR 1,80, 95% CI: 1,18 – 2,76) hanno mostrato un rischio di prolungamento del QT più elevato rispetto all’omeprazolo. Diversi farmaci hanno causato un rischio più elevato di prolungamento del QT quando sono stati usati in combinazione con gli IPP.

Conclusioni

Nei pazienti in terapia intensiva, l’associazione tra la prescrizione di IPP e l’aumento del rischio di prolungamento dell’intervallo QT era indipendente dai fattori noti di prolungamento del QT; il pantoprazolo e il lansoprazolo presentavano un rischio maggiore rispetto all’omeprazolo. La combinazione di IPP e altri farmaci che allungano il QT dovrebbe essere evitata.

Parole chiave: ECG; Antagonisti recettori H2; Terapia Intensiva; IPP; Prolungamento intervallo QT

Cardiovasc Drugs Ther. 2024 Jun;38(3):517-525. doi: 10.1007/s10557-023-07425-4. The Association of Proton Pump Inhibitors and QT Interval Prolongation in Critically Ill Patients. Weiguo Fan Hualong Liu Yang Shen Kui Hong Leggi qui l’abstract dello studio

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Eventi avversi psichiatrici associati a Semaglutide, Liraglutide e Tirzepatide: un’analisi di farmacovigilanza delle segnalazioni di ADR inviate al database EudraVigilance

Premessa

Semaglutide, liraglutide e tirzepatide sono agonisti del recettore del glucagone peptide-1 (GLP-1) utilizzati nel diabete di tipo 2 e per la riduzione del peso. Recenti segnalazioni di pazienti con pensieri suicidi e altri eventi avversi di natura psichiatrica durante l’uso di agonisti del GLP-1 hanno sollevato preoccupazioni sul potenziale rischio di autolesionismo e hanno indotto l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) a indagare su questi farmaci.

Obiettivo

Identificare e analizzare gli eventi avversi psichiatrici associati a semaglutide, liraglutide e tirzepatide.

Metodo

 Sono state analizzate tutte le segnalazioni di sicurezza di casi individuali di semaglutide, liraglutide e tirzepatide riportate nel database EudraVigilance dal 01/01/2021 al 30/05/2023. Sono state utilizzate statistiche descrittive per esplorare le caratteristiche della popolazione in studio.

Risultati

 Durante il periodo di studio sono state identificate 31.444 segnalazioni di eventi avversi: semaglutide (n = 13.956; 44,4%), liraglutide (n = 16.748; 53,2%) e tirzepatide (n = 740; 2,3%). Ci sono state 372 segnalazioni di eventi avversi psichiatrici (n = 372; 1,18%) per un totale di 481 eventi avversi. Le donne rappresentavano il 65% (n = 242) di queste segnalazioni. La depressione è stato l’evento avverso più comunemente riportato (n = 187; 50,3%), seguito dall’ansia (n = 144; 38,7%) e dall’ideazione suicida (n = 73; 19,6%). Sono stati riportati nove decessi (8 con liraglutide e 1 con semaglutide) e 11 esiti pericolosi per la vita (4 associati a liraglutide e 7 a semaglutide). Gli esiti fatali si sono verificati principalmente tra gli uomini (8 su 9) a causa di tentativi di suicidio e depressione.

Conclusioni: Gli eventi avversi psichiatrici hanno rappresentato solo l’1,2% del totale delle segnalazioni per semaglutide, liraglutide e tirzepatide. Tuttavia, la gravità e gli esiti fatali di alcune di queste segnalazioni meritano ulteriori indagini.

Parole chiave: Liraglutide; Obesità; Eventi avversi psichiatrici; Semaglutide; Suicidio; Tirzepatide.

Mansour TobaiqyHajer Elkout. Psychiatric adverse events associated with semaglutide, liraglutide and tirzepatide: a pharmacovigilance analysis of individual case safety reports submitted to the EudraVigilance database. Int J Clin Pharm. 2024 Apr;46(2):488-495. doi: 10.1007/s11096-023-01694-7. Epub 2024 Jan 24. Leggi qui l’articolo completo

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Tossicità cardiaca indotta da farmaci e reazioni avverse ai farmaci, una revisione narrativa

La tossicità cardiaca diretta comprende le alterazioni funzionali e strutturali del sistema cardiovascolare dovute alla possibile esposizione ai farmaci. Questo fenomeno di tossicità diretta si estende oltre i farmaci cardiovascolari anche a classi di farmaci non cardiovascolari, tra cui gli antitumorali, come gli inibitori della tirosin-chinasi, le antracicline e gli inibitori del checkpoint immunitario (ICI), nonché vari antipsicotici, la venlafaxina e persino alcuni antibiotici (come i macrolidi).

Le ADR cardiache comprendono una serie di effetti che vanno dall’insufficienza cardiaca e dall’ischemia miocardica alla malattia valvolare, alla trombosi, alla miocardite, alla pericardite, alle aritmie e alle anomalie della conduzione. I meccanismi sottostanti possono includere alterazioni dei processi di scambio ionici di membrana, induzione di danni cellulari attraverso la compromissione della funzione mitocondriale e persino l’ipercoagulabilità.

Per attenuare l’impatto della cardiotossicità indotta dai farmaci, sono state stabilite linee guida per la valutazione in più fasi di sviluppo di un farmaco, seguendo le indicazioni del Consiglio Internazionale per l’Armonizzazione dei Requisiti Tecnici dei Farmaci per Uso Umano (ICH) per i test in vitro e in vivo.

Nonostante le salvaguardie precliniche, la sorveglianza post-marketing rimane ancora critica, poiché alcuni farmaci cardiotossici possono sfuggire al controllo iniziale. In effetti, i dati storici mostrano che le ADR cardiovascolari contribuiscono a quasi il 10% dei ritiri dal mercato di un nuovo farmaco. L’impatto della cardiotossicità indotta dai farmaci sulle problematiche cardiache, in particolare sull’insufficienza cardiaca, è spesso sottostimato, con tassi di incidenza che vanno dall’11,0% a oltre il 20,0%.

 In questa sede esaminiamo in modo esaustivo i diversi modelli di cardiotossicità indotta dai farmaci, evidenziando le attuali preoccupazioni e i segnali emergenti di farmacovigilanza.

La comprensione dei meccanismi sottostanti e dei fattori di rischio associati è fondamentale per identificare tempestivamente, gestire efficacemente e prevenire proattivamente gli eventi avversi cardiaci indotti dai farmaci. Gli sforzi di collaborazione tra medici di medicina generale e specialisti cardiologi, insieme a una valutazione approfondita e a un attento monitoraggio, sono essenziali per garantire la sicurezza del paziente di fronte alla potenziale cardiotossicità indotta dai farmaci.

Therapie. 2024 Mar-Apr;79(2):161-172. doi: 10.1016/j.therap.2023.10.008.Drug-induced cardiac toxicity and adverse drug reactions, a narrative review.Alexandre DestereDiane MerinoThibaud LavrutFanny RocherDelphine ViardMilou-Daniel DriciAlexandre O Gérard.

Parole chiave: Cardiaco; Farmaci; Sicurezza; Tossicità

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Efficacia e sicurezza degli inibitori della Janus chinasi nei pazienti con vitiligine: Una revisione sistematica e una meta-analisi

Introduzione

Le Janus chinasi (JAK) sono una famiglia di tirosin chinasi (JAK1, JAK2, JAK3 e Tyk2) non recettoriali, intracellulari, che attivano i segnali mediati dalle citochine attraverso la via di trasduzione del segnale JAK-STAT, che svolge un ruolo centrale nella patogenesi e nella progressione della vitiligine. Il Ruxolitinib (NdR: in Italia attualmente l’unico principio attivo della classe di farmaci Inibitori della Janus Chinasi, autorizzato per uso topico), nello specifico, è un inibitore selettivo delle isoforme JAK1 e JAK2, che trova indicazione nel trattamento topico della vitiligine non segmentale (la forma di vitiligine più diffusa), con coinvolgimento facciale, in pazienti con almeno 12 anni di età, non immunocompromessi.

Sebbene diversi case report e piccoli studi clinici abbiano riportato risultati promettenti con gli inibitori della Janus chinasi (JAK) per la vitiligine, mancano studi e linee guida di alta qualità. Abbiamo valutato l’efficacia e la sicurezza degli inibitori di JAK per il trattamento della vitiligine utilizzando una meta-analisi di studi controllati randomizzati (RCT). Abbiamo cercato nei database PubMed, Embase e Cochrane Library fino ad agosto 2023, con ulteriori studi da ClinicalTrials.gov e dai siti web delle aziende. Abbiamo valutato gli esiti, tra cui il miglioramento percentuale dell’indice di punteggio dell’area di vitiligine totale (TVASI) e dell’indice di punteggio dell’area di vitiligine del viso (FVASI); la percentuale di pazienti che hanno ottenuto un miglioramento del 50% nel TVASI (TVASI50) e del 50% e 75% nel FVASI (FVASI50 e FVASI75); il rischio di eventi avversi emergenti dal trattamento (TEAEs), eventi avversi gravi (SAEs), infezioni ed eventi avversi correlati alla pelle (AEs).

Sono stati inclusi cinque studi con 1.550 partecipanti. Gli inibitori della JAK sono stati associati a una maggiore percentuale di rispondenti a TVASI50 (rischio relativo [RR] 2,67, 95% intervallo di confidenza [CI] 1,24-5,78) e FVASI75 (RR 3,97, 95%CI 2,62-6,02) rispetto al placebo. Gli inibitori della JAK hanno aumentato significativamente il rischio di AEs correlate alla pelle (RR 1,96, 95% CI 1,29-2,98) rispetto al placebo. Tuttavia, il rischio di TEAEs, SAEs e infezioni non era significativamente diverso tra i gruppi di inibitori JAK e placebo. L’analisi di sottogruppo ha mostrato che gli inibitori di JAK1 e JAK1/2 erano più efficaci degli inibitori di JAK3. Tuttavia, non ci sono prove sufficienti per suggerire che la via di somministrazione influenzi l’efficacia e la sicurezza degli inibitori JAK nella vitiligine. Questi risultati indicano che gli inibitori JAK sono efficaci nella ripigmentazione e ben tollerati nei pazienti con vitiligine.

Parole chiave: Vitiligine, inibitori della Janus Chinasi (JAK)

Clin Pharmacol Ther. 2024 Dec 23. doi: 10.1002/cpt.3538. Online ahead of print. Efficacy and Safety of Janus Kinase Inhibitors in Patients with Vitiligo: A Systematic Review and Meta-Analysis. Fan Huang Dingyuan Hu Huaying Fan Binyi Hu Yian LiuWenliang Dong Xiangxing Liu Yanting Li Diqin Yan Rui Ding Suping Niu Liming Chen Xiaoyan Nie Yi Fang 

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Farmaci e cute: una breve revisione delle reazioni avverse cutanee correlate ai farmaci

Le malattie cutanee indotte da farmaci o le reazioni avverse cutanee ai farmaci (CADR) sono termini che comprendono le manifestazioni cliniche della pelle, delle mucose e degli annessi indotte da un farmaco o dai suoi metaboliti.

La cute è l’organo più frequentemente interessato dalle reazioni ai farmaci, che possono colpire fino al 10% dei pazienti ospedalizzati e si verificano nell’1-3% dei pazienti in politerapia. La maggior parte delle CADR sono condizioni lievi o che si risolvono spontaneamente. Tuttavia, il 2-6,7% potrebbe evolvere in condizioni potenzialmente pericolose per la vita.

 Le CADR rappresentano un campo eterogeneo e possono essere impegnative dal punto di vista diagnostico, in quanto possono mimare qualsiasi dermatosi. Attualmente sono stati riportati 29-35 diversi modelli di reazione cutanea ai farmaci, che vanno da una lieve dermatite a un paziente con ustioni estese. Le più frequenti sono l’eruzione maculopapulare, l’orticaria/angioedema, l’eritema fisso da farmaci e l’eritema multiforme. Le manifestazioni meno comuni, ma più gravi, includono l’eritrodermia, la reazione da farmaco con eosinofilia e sintomi sistemici e la sindrome di Stevens-Johnson/necrolisi epidermica tossica.

Quasi tutti i farmaci possono indurre una CADR, ma gli antibiotici, gli antinfiammatori non steroidei (FANS) e gli antiepilettici sono quelli più frequentemente coinvolti. Nella patogenesi delle CADR sono coinvolti diversi meccanismi, anche se in alcuni casi rimangono ancora sconosciuti.

Le CADR possono essere classificate in diversi modi: (I) tipo A (aumentate) o tipo B (bizzarre); (II) immediate o ritardate; (III) immuno-mediate o non immuno-mediate; (IV) non gravi o pericolose per la vita; (V) in base al loro fenotipo, che comprende la morfologia esantematica, orticaria, pustolosa e vescicolare.

Il riconoscimento di una specifica CADR dipenderà principalmente dalla capacità del medico di eseguire un esame clinico dettagliato, dalla corretta descrizione della morfologia delle lesioni cutanee e dai risultati di laboratorio e/o della biopsia cutanea.

Blanca R Del Pozzo-Magaña Carmen Liy-Wong. Drugs and the skin: A concise review of cutaneous adverse drug reactions.  Br J Clin Pharmacol. 2024 Aug;90(8):1838-1855. doi: 10.1111/bcp.15490.

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Prolungamento del QT e torsione di punta indotti da farmaci: uno studio di farmacovigilanza real-world che utilizza il database dell’FDA Adverse Event Reporting System

Introduzione

 Il prolungamento del QT indotto da farmaci e (o) la Torsione di Punta (TdP) sono reazioni avverse gravi (ADR) ben nota per alcuni farmaci, ma attualmente manca un panorama completo e ampiamente riconosciuto dei farmaci colpevoli del prolungamento del QT e della TdP.

Obiettivo

Identificare i principali farmaci associati al prolungamento del QT e alla TdP e fornire informazioni per la pratica clinica.

Metodo

Abbiamo esaminato le segnalazioni relative al prolungamento del QT e alla TdP nel database dell’FDA “Adverse Event Reporting System” (FAERS) dal 1° gennaio 2004 al 31 dicembre 2022 e abbiamo stilato un elenco di farmaci potenzialmente correlati. Sulla base di questo elenco di farmaci, sono stati classificati i farmaci e le classi di farmaci più frequentemente segnalati come associati al prolungamento del QT e della TdP ed è stata condotta l’analisi di sproporzionalità per tutti i farmaci al fine di rilevare il segnale di ADR. Inoltre, in base alla distribuzione positiva-negativa del segnale ADR, abbiamo integrato le caratteristiche di rischio del prolungamento del QT e della TdP in diversi farmaci e classi di farmaci.

Risultati

 Un totale di 42.713 segnalazioni nel database FAERS è stato considerato associato a prolungamento del QT e TdP dal 2004 al 2022.  1.088 farmaci sono stati segnalati come potenzialmente correlati, e il maggior numero di farmaci apparteneva agli antineoplastici. Nel complesso, la furosemide è stato il farmaco più frequentemente segnalato, seguito da acido acetilsalicilico, quetiapina, citalopram, metoprololo. In termini di classi di farmaci, gli antipsicotici sono stati quelli più frequentemente segnalati, seguiti da psicoanalettici, analgesici, agenti beta-bloccanti, farmaci utilizzati contro l’iperacidità gastrica. Nell’analisi di sproporzionalità, 612 farmaci hanno mostrato almeno un segnale ADR positivo.  Citalopram, ondansetron, escitalopram, loperamide e prometazina sono stati i farmaci con il maggior numero di segnali ADR positivi. Tuttavia, la distribuzione positiva-negativa dei segnali ADR tra le diverse classi di farmaci ha mostrato grandi differenze, che rappresentano la differenza di rischio complessivo delle diverse classi di farmaci.

Conclusioni

 Il nostro studio ha fornito una panoramica del mondo reale del prolungamento del QT e della TdP da farmaci. L’elenco dei potenziali farmaci colpevoli, della proporzione di segnalazioni, dei risultati di rilevamento dei segnali ADR e delle caratteristiche di distribuzione dei segnali ADR può aiutare a comprendere il profilo di sicurezza dei farmaci e a ottimizzare la pratica clinica.

Dongxuan Li Shuang ChaiHongli WangJie Dong Chunmeng QinDan Du Yalan WangQian Du Songqing Liu. Drug-induced QT prolongation and torsade de pointes: a real-world pharmacovigilance study using the FDA Adverse Event Reporting System database. Front Pharmacol . 2023 Dec 21:14:1259611. doi: 10.3389/fphar.2023.1259611.

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Bradicardia sintomatica indotta da melatonina in un giovane uomo sano: un case report

La melatonina, un ormone della ghiandola pineale strettamente associato al ritmo circadiano, ha fatto tendenza negli ultimi anni come farmaco da banco per aiutare i disturbi del sonno. Sebbene sia generalmente ritenuta sicura, studi recenti mostrano effetti inotropi e cronotropi negativi sulla frequenza cardiaca e sulla pressione sanguigna nell’uomo. Diversi studi hanno suggerito che la melatonina induce il tono vagale cardiaco e influisce sulla frequenza cardiaca e sulla pressione arteriosa media. Attualmente sono scarsi i dati in letteratura riguardo gli effetti della melatonina su altri organi o apparati.

Presentazione del caso

Riportiamo il caso di un uomo di 22 anni, con anamnesi negativa per patologie, che lavora come ufficiale nell’esercito. Si è presentato al pronto soccorso lamentando palpitazioni e vertigini dopo aver assunto 2 compresse da 10 mg (dose totale di 20 mg) di melatonina. Il paziente ha negato l’assunzione concomitante di altri farmaci o sostanze. Ha riferito un lieve fastidio al petto al momento dell’insorgenza delle palpitazioni, ma ha negato dispnea o qualsiasi precedente storia di palpitazioni o sincope. I sintomi sono iniziati circa 30 minuti dopo l’’assunzione della melatonina.

Durante la visita al pronto soccorso, i parametri vitali del paziente hanno registrato una frequenza cardiaca (FC) di 38 battiti al minuto, una pressione sanguigna di 128/72 mmHg e una saturazione di ossigeno del 100%. La scala del coma di Glasgow (GCS) era 15/15 e il paziente era deambulante. La valutazione neurologica è risultata nella norma, senza segni di atassia o di linguaggio rallentato. La visita cardiologica mostrava toni cardiaci normali con pause libere. È stato eseguito un elettrocardiogramma (ECG) che ha dimostrato una bradicardia sinusale con una frequenza cardiaca di 39 battiti al minuto, insieme a una ripolarizzazione precoce benigna. Gli intervalli e i complessi QRS rientravano nei parametri normali e non vi erano segni evidenti di alterazioni ischemiche o ritardi di conduzione.

Dopo quattro ore di attento monitoraggio, la frequenza cardiaca del paziente è aumentata spontaneamente fino a raggiungere i 50 battiti/minuto e il paziente è rimasto asintomatico per tutta la durata della degenza. L’ECG di controllo effettuato poche ore prima della dimissione ha rivelato una bradicardia sinusale senza anomalie evidenti. Di conseguenza, il paziente è stato dimesso in buone condizioni di salute e programmata una visita cardiologica di controllo. Secondo il cardiologo elettrofisiologo, questi risultati dell’ECG sono indicativi di una condizione normale, considerando che si tratta di un paziente giovane, senza reperti patologici nell’ECG, con risultati ecocardiografici normali e anamnesi familiare negativa per patologie cardiache.

Conclusione

Sebbene la melatonina abbia un numero limitato di effetti collaterali documentati nell’uomo, la sua importanza va oltre il suo ruolo nella regolazione del sonno e il suo potenziale impatto sulla salute cardiovascolare e sui disturbi neurodegenerativi. Questo caso clinico mostra un’associazione degna di nota tra melatonina e bradicardia significativa in adulti precedentemente sani. Il meccanismo effettivo attraverso il quale la melatonina influisce sulla funzione cardiovascolare rimane poco chiaro, sollevando dubbi sul fatto che i suoi effetti siano dovuti a un’azione diretta localizzata o a un coinvolgimento indiretto attraverso i centri di controllo regolatori nell’ipotalamo. La mancanza di effetti collaterali segnalati non indica la loro assenza. Ulteriori ricerche in questo campo prometteranno di sviluppare validi interventi terapeutici per migliorare la  conoscenza e la gestione degli effetti della melatonina sulla salute cardiovascolare.

Alawad A, Sati W, Ahmed SMI, Elgassim M, Elgassim M, Balal A. Melatonin-induced symptomatic bradycardia in an otherwise healthy male: a case report. Oxf Med Case Reports. 2024 Aug 26;2024(8):omae096

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Proteggere i pazienti nell’era dell’IA: L’etica al centro della Farmacovigilanza

L’intelligenza artificiale (IA) sta rivoluzionando molti settori, compresa la farmacovigilanza, il campo dedicato alla sicurezza dei farmaci e alla protezione della salute pubblica. Tuttavia, l’impiego dell’IA in questo ambito solleva importanti questioni etiche, tra cui equità, non discriminazione, conformità normativa e responsabilità. Questi aspetti sono cruciali per garantire un utilizzo sicuro ed efficace dell’IA nella sorveglianza dei farmaci.

Vi proponiamo uno studio che analizza le principali sfide etiche legate all’uso dell’intelligenza artificiale nella farmacovigilanza e propone strategie per affrontarle. Vengono esaminati aspetti come la raccolta dei dati, la protezione della privacy, la trasparenza, la responsabilità e l’addestramento dei modelli di IA, con un’attenzione particolare alla spiegabilità delle decisioni automatizzate.

Nel documento vengono identificati approcci responsabili, tra cui l’adozione di un quadro etico e delle migliori pratiche per migliorare l’impiego dell’IA in ambito sanitario. Inoltre, vengono riconosciute iniziative che hanno dimostrato il ruolo fondamentale dell’etica nella farmacovigilanza basata sull’IA.

Nonostante i progressi, permangono esigenze fondamentali come la trasparenza, la responsabilità, la protezione dei dati e l’equità. Questi elementi sottolineano l’importanza della collaborazione per sviluppare un quadro cognitivo che integri un’intelligenza artificiale etica nella farmacovigilanza.

In conclusione, l’innovazione deve essere bilanciata con la responsabilità etica per migliorare gli esiti della salute pubblica e garantire la sicurezza dei pazienti.

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Inibitori di Pompa Protonica: uso e rischio cardiovascolare nelle donne in post-menopausa

Introduzione

Gli studi epidemiologici sulla associazione tra uso di inibitori di pompa protonica (IPP) e rischio di eventi primari di malattia cardiovascolare (coronaropatia, ictus e mortalità per malattia cardiovascolare) sono stati finora inconsistenti e non conclusivi.

Metodi

Abbiamo studiato 85.189 donne in postmenopausa (età media 63 anni al basale) senza malattia cardiovascolare (CVD: CardioVascular Disease) nota al momento dell’arruolamento nel Women’s Health Initiative Observational Study (1993-1998). L’uso di IPP è stato determinato dagli inventari dei farmaci, al basale e al terzo anno. Gli eventi CVD sono stati valutati dal medico e definiti come insieme di malattia coronarica, ictus e mortalità CVD. Il follow-up è stato effettuato, dal basale, a Settembre 2010. Sono stati utilizzati modelli di rischio proporzionale di Cox Multivariabili per stimare gli Hazard Ratio (HR) e gli Intervalli di Confidenza al 95% (CI) per l’insorgenza di CVD in base all’uso di IPP al basale (no/sì), alla durata dell’uso di IPP (non utilizzatore, < 1 anno, 1-3 anni, > 3 anni) e alla variazione nel tempo in base alle informazioni aggiornate al terzo anno. 

Risultati

Al basale, 1747 donne (2,1%) hanno riferito di fare uso di IPP. Durante un follow-up medio di 11 anni, sono stati identificati 5778 (6,8%) casi di CVD primaria. Le utilizzatrici di IPP avevano un rischio significativamente più elevato di CVD rispetto alle non utilizzatrici nel modello completamente aggiustato (HR: 1,21, 95% CI: 1,02-1,43) e dopo l’aggiustamento del punteggio di propensione (HR: 1,27, 95% CI: 1,21-1,32). Una maggiore durata dell’uso di PPI è stata associata a un rischio di CVD incrementalmente più elevato (HR: < 1 anno: 1,11, 1-3 anni: 1,27, > 3 anni: 1,33; p per trend = 0,02).

Conclusioni

L’uso di IPP è stato associato a un rischio maggiore di CVD primario nelle donne anziane in post-menopausa. Questi risultati sottolineano l’importanza di un uso degli IPP ragionato per evitare eventi avversi indesiderati.

J Am Geriatr Soc. 2024 Dec 31. doi: 10.1111/jgs.19326. Proton Pump Inhibitor Use and Incident Cardiovascular Disease in Older Postmenopausal Women Ahmed I SolimanJean Wactawski-WendeAmy E MillenShelly L GrayCharles B EatonKathleen M HoveyChris A AndrewsAladdin H Shadyab Bernhard HaringNazmus SaquibKaren C JohnsonMatthew AllisonJoAnn E MansonMichael J LaMonte.

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Gabapentinoidi e rischio di frattura dell’anca

Introduzione

L’uso crescente di gabapentinoidi (Pregabalin e Gabapentin) è stato osservato nelle persone anziane che sono anche soggette a fratture dell’anca.

Obiettivo

Indagare complessivamente l’associazione tra gabapentinoidi e rischio di fratture dell’anca e l’associazione stratificata tra gruppi di età, stato di fragilità e storia di malattia renale cronica.

Materiali e Metodi

Si tratta di uno studio caso-controllo su pazienti ricoverati per frattura dell’anca a Victoria, Australia, tra il 1° Marzo 2013 e il 30 Giugno 2018, con almeno una prescrizione di gabapentinoide prima della frattura. È stata utilizzata la regressione logistica condizionale per stimare l’odds ratio (OR) e l’IC al 95% per l’assunzione di gabapentinoidi nel periodo indice (1-60 giorni prima della frattura) rispetto al periodo di riferimento (121-180 giorni prima della frattura). Per aggiustare il trend temporale sottostante nell’uso di gabapentinoidi, ogni caso indice è stato abbinato a un massimo di 5 controlli, selezionati tra i casi controllo, della stessa età e sesso. Le analisi dei sottogruppi sono state condotte con o senza insufficienza renale cronica (IRC), con punteggi di fragilità inferiori a 5 e punteggi di fragilità uguale o superiore a 5. La fragilità è stata calcolata utilizzando l’Hospital Frailty Risk Score (HFRS). I dati sono stati analizzati dal Novembre 2023 all’Aprile 2024.

Risultati

Su 28.293 pazienti ricoverati per fratture dell’anca, 2.946 (1.752 [59,5%] erano di età ≥ a 80 anni; a 2.099 [71,2%] donne) è stato prescritto un gabapentinoide prima della frattura dell’anca. L’uso di gabapentinoidi era associato a un aumento delle probabilità di fratture dell’anca (OR, 1,96; 95% CI, 1,66-2,32). Dopo aver aggiustato per il trend temporale dell’esposizione e l’uso concomitante di altri farmaci per il sistema nervoso centrale, le probabilità di fratture dell’anca sono rimaste elevate (OR, 1,30; 95% CI, 1,07-1,57). L’associazione tra la somministrazione di gabapentinoidi e la frattura dell’anca era più elevata nei pazienti con HFRS uguale o superiore a 5 (OR, 1,75; 95% CI, 1,31-2,33) e insufficienza renale cronica (OR, 2,41; 95% CI, 1,65-3,52).

Conclusioni

In questo studio caso-controllo su residenti australiani ricoverati per frattura dell’anca, l’uso di gabapentinoidi è stato associato a un aumento del rischio di fratture dell’anca, soprattutto nei pazienti fragili o con insufficienza renale cronica. Oltre al noto rischio associato alla compromissione renale, lo stato di fragilità può essere un importante fattore di rischio quando si considera l’uso di gabapentinoidi.

Gabapentinoids and Risk of Hip Fracture. Miriam T Y Leung Justin P TurnerClara Marquina  Jenni Ilomäki Tim Tran  Katsiaryna Bykov  J Simon Bell   JAMA Netw Open. 2024;7(11):e2444488.

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