Nuovi antivirali ad azione diretta per l’epatite C

Primi dati della sorveglianza postmarketing, a livello mondiale.

 

 

QuarterWatch™ è una pubblicazione indipendente dello statunitense Institute for Safe Medication Practices (ISMP), che analizza le segnalazioni di sospette reazioni avverse a farmaco (ADR) della banca dati FDA Adverse Event Reporting System (FAERS), confrontandole anche con i dati delle prescrizioni, fornite dalla QuintilesIMS. In questo caso, ha analizzato i dati delle segnalazioni relative ai nuovi antivirali ad azione diretta per l’epatite C, a livello mondiale.

Questi farmaci sono stati riconosciuti come innovativi dalla FDA ed hanno beneficiato della procedura di approvazione accelerata [analogamente a quanto fatto dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) per l’Europa].

Nel mercato statunitense, Sofosbuvir (SOVALDI) e simeprevir (OLYSIO) sono stati i primi ad essere approvati, nel 2013 e, oggi, sono presenti 9 antivirali ad azione diretta, usati in diverse combinazioni, contro diversi genotipi di epatite C. [In Europa sono autorizzati: Daklinza, Exviera, Harvoni, Olysio, Sovaldi, Viekirax, Epclusa (sofosbuvir / velpatasvir) e Zepatier (elbasvir / grazoprevir)]. Sono stati, senza ombra di dubbio, un progresso; in questa sede vengono analizzate le questioni di sicurezza che sono emerse dalla sorveglianza postmarketing.

L’ADR più grave è il danno epatico. Benché questi farmaci dichiarino di eradicare il virus in 9 pazienti su 10,  la ricerca ha individuato centinaia di casi di fallimento terapeutico di questi costosi trattamenti.

Si stima che, negli Stati Uniti, circa 2-3 milioni di persone siano state infettate dal virus dell’epatite C, un RNA virus che è trasmesso col sangue ed è spesso una co-infezione dell’HIV. Prima che fossero sviluppati questi nuovi antivirali, l’epatite C era trattata con un cocktail di antivirali, tra cui il ribavirin e diverse forme di interferone alfa, dalle 24 alle 48 settimane. Erano trattamenti che causavano numerose reazioni avverse ed erano efficaci solo nel 50-75% dei casi.

Nell’ottobre 2016 è emerso un problema di sicurezza e la FDA ha emesso un warning per un evento avverso, che non era stato evidenziato dalla sperimentazione clinica pre-approvazione. Una Drug Safety Communication ha segnalato 24 casi noti di riattivazione dell’epatite B, in pazienti trattati con antivirali per l’epatite C; in questo gruppo, 3 pazienti hanno sperimentato danni epatici, 2 di questi sono morti e uno è subito trapianto; 5 casi sono stati estratti dalla letteratura medica.

QuarterWatch ha cercato i casi di epatite associata a questi nuovi farmaci, nelle segnalazioni di ADR della FAERS per i 12 mesi che terminano il 30 giugno 2016. A livello mondiale, ha individuato 524 segnalazioni di danno epatico dove i nuovi antivirali erano il primo o il secondo farmaco sospetto; 386 di queste (73.7%) erano extra-statunitensi. Il 55% dei casi riguardava maschi e l’età media dei pazienti era di 61 anni. Il 31.5% dei casi (n 165) ha avuto esito fatale. Circa il 90% delle segnalazioni proveniva da operatori sanitari, compresi 34 casi estratti dalla letteratura. I duplicati sono stati eliminati.

Questi dati provengono da segnalazioni spontanee e possono essere sottostimati; inoltre, hanno dei limiti, perché generalmente non informano sulla storia clinica dell’epatite C dei pazienti e perché, trattandosi di terapie combinate, ogni caso può avere 2 o 3 farmaci sospetti e, quindi, con un numero limitato di segnalazioni ed un numero elevato di combinazioni di farmaci è difficile individuare differenze trai diversi antivirali.

Nella banca dati, c’era solo una segnalazione per elbasvir-grazoprevir e nessuna per il più nuovo sofosbuvir-velpatasvir (EPCLUSA), approvato alla fine del 2016.

Sono state individuate anche 761 segnalazioni di fallimento terapeutico, ma i dati disponibili non permettono di capire se il paziente non abbia risposto fin dall’origine o se il farmaco abbia smesso di funzionare, dopo un periodo iniziale di efficacia antivirale.

L’analisi del database ha evidenziato anche una correlazione con l’insonnia.

Questi nuovi dati sollevano più domande di quante ne risolvano.

I 24 casi di riattivazione dell’epatite B, apparentemente causata dagli antivirali per l’epatite C, analizzati dalla FDA sono ben documentati.

Il rischio potrebbe essere minimizzato con un test per l’epatite B, prima di iniziare la terapia antivirale per l’epatite C, cosa che attualmente la FDA sta raccomandando [e allo stesso modo si è regolata l’EMA http://www.farmaci-fc.it/2016/12/31/aifa-le-principali-notizie-di-dicembre-sulla-sicurezza-dei-farmaci-3/#more-7247 ]

Dovrebbe essere considerata prioritaria un’ulteriore indagine per chiarire cosa è accaduto nelle altre centinaia di casi di danno epatico segnalate.

Altre incertezze derivano dal fatto che, per accelerare l’approvazione dei trattamenti innovativi, la durata dei trial clinici è stata ridotta da 26 a 12 settimane, per alcuni genotipi; inoltre, non è ancora noto se rimangano tracce di virus dell’epatite C, che possa riattivarsi anche a distanza di anni.

Gli antivirali ad azione diretta possono sicuramente essere considerati un successo, ma è necessario cercare di dare risposta ad alcune domande sui loro effetti a lungo termine.

 

Institute for Safe Medication Practices (ISMP), QuarterWatch™

January 25, 2017 — New data from 2016 Q2

http://www.ismp.org/quarterwatch/pdfs/2016Q2.pdf

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