Inibitori della pompa protonica e rischio di malattia renale acuta e cronica

Alcuni studi hanno evidenziato la correlazione tra l’utilizzo di inibitori della pompa protonica (PPI) e il danno renale acuto o la malattia renale cronica; tuttavia, questi hanno coinvolto un piccolo numero di soggetti per periodi brevi di follow-up. Questo studio ha esaminato l’associazione tra uso di PPI e danno renale acuto o la malattia renale cronica in un’ampia coorte di pazienti.

 

Gli inibitori della pompa protonica (PPI), detti comunemente gastroprotettori, sono ampiamente usati per trattare i disturbi gastrointestinali; tuttavia si stima che il 25%-​​70% delle prescrizioni non hanno un indicazione appropriata.

Un esempio è la malattia da reflusso gastroesofageo, che richiede solo un trattamento a breve termine (cioè fino a 4-8 settimane), ma dove l’uso cronico sembra essere molto diffuso. Circa il 40% -55% dei pazienti in assistenza primaria e oltre il 65% dei pazienti ospedalizzati non hanno una prescrizione con un indicazione appropriata.

Di conseguenza,i pazienti spesso prendono gastroprotettori senza beneficio e sono quindi soggetti a eventi avversi non necessari.

Gli inibitori della pompa protonica sono generalmente considerati una classe di farmaci sicura; tuttavia, una prescrizione inappropriata può portare a un aumento di tutti i rischi associati alla poli-terapia, quali:

  • ridotta aderenza terapeutica,
  • aumento delle reazioni avverse,
  • errori terapeutici,
  • interazioni con altri farmaci,
  • aumento delle visite al pronto soccorso e delle ospedalizzazioni. 

Inoltre, diversi studi osservazionali hanno collegato gli inibitori di pompa protonica a fratture dell’anca, infezioni enteriche, nefrite interstiziale acuta e polmonite acquisita in comunità, nonché a un aumento del rischio di mortalità.

Una preoccupazione crescente è che l’uso di PPI possa essere un fattore di rischio per la malattia renale cronica (cronic kidney disease, CKD), potenzialmente mediata da una recidiva di danno renale acuto (acute kidney injury, AKI). Il meccanismo per questa relazione è attualmente sconosciuto, tra le ipotesi vi sono lo sviluppo di nefrite interstiziale acuta, una reazione di ipersensibilità che può portare a un declino della velocità di filtrazione glomerulare e l’inibizione della pompa protonica lisosomiale, che potrebbe portare ad un aumento della secrezione di marcatori infiammatori.

L’obiettivo di questo studio è quello di determinare l’associazione tra l’uso di PPI e l’incidenza di danno renale acuto (AKI) o di malattia renale cronica (CKD) nella popolazione americana generale attraverso l’uso del database della local health-maintenance organization (HMO) – il sistema delle assicurazioni sanitarie degli USA.

Sono stati esaminati i dati dei pazienti di età pari o superiore a 18 anni inseriti nel database HMO tra luglio 1993 e settembre 2008, per un totale di 192.936 persone alle quali erano state erogate prestazioni ambulatoriali, ospedaliere, esami di laboratorio e prescrizioni. Sono stati eseguiti due studi di coorte retrospettivi per valutare l’associazione tra la prescrizione di PPI e lo sviluppo successivo di danno renale (AKI e CKD), escludendo i pazienti che presentavano una malattia renale nei 12 mesi precedenti la data della prima prescrizione del PPI. Sono state tenute in considerazione un certo numero di fattori covarianti come ad esempio l’assunzione di altri farmaci in grado di indurre danno renale.

L’endpoint primario per la coorte AKI è stato definito come malattia renale acuta o diminuzione della velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) inferiore a 60 ml/min/1,73 mq (codice malattia ICD-9-CM 584.Xentro 90 giorni dalla data di inizio della terapia con PPI; mentre per la coorte CKD definito come una visita ospedaliera o ambulatoriale con malattia renale cronica o un eGFR inferiore a 60 ml/min/1,73 mq (codice malattia ICD-9-CM 585.X).
Anche la malattia renale allo stadio terminale (end-stage renal disease, ESRD) è stata inclusa come esito della CKD, che è stata definita sulla base della presenza del codice ICD-9-CM 585.6 o della documentazione relativa alla dialisi.

 

Risultati
Sono stati valutati 93.335 pazienti nella coorte AKI e 84.600 pazienti nella coorte CKD, con un follow-up mediano di 6,8 anni nella corte CKD e di 90 giorni nella coorte AKI.
In entrambe le coorti, al momento dell’arruolamento basale, la popolazione era prevalentemente anziana con comorbidità e aveva assunto più frequentemente altri farmaci (ant
ibiotici, antivirali, FANS, ACE-inibitori, diuretici, antistaminici ecc.) nei 12 mesi precedenti la data d’inizio, rispetto alla popolazione che non aveva assunto PPI.

Associazione tra uso di PPI e rischio di AKI
Nella coorte AKI, ci sono stati 148 eventi (0,89%) tra i 16.593 pazienti esposti a PPI e 67 eventi (0,09%) tra 76.742 pazienti non esposti. Il tasso di incidenza di AKI era più alto nel gruppo PPI rispetto ai non utilizzatori (36,4 vs 3,54 per 1000 persone-anno, p <0,0001, rispettivamente). Nel modello aggiustato per età, diabete, insufficienza cardiaca, ipertensione e assunzione di altri medicinali, l’uso di PPI era associato ad un significativo aumento del rischio di AKI (OR 4,35; IC 95% 3,14-6,04; p <0,0001).

Associazione tra uso PPI e rischio di CKD
Nella coorte CKD, ci sono stati 2370 eventi (15,3%) tra i 14.514 pazienti esposti a PPI e 4501 (6,42%) eventi tra 70.086 pazienti non esposti. Il tasso di incidenza della CKD era significativamente più alto nei pazienti esposti a PPI rispetto ai non utilizzatori (34,3 vs 8,75 per 1000 persone-anno, p <0,0001, rispettivamente). Nel modello aggiustato per età, diabete, ipertensione, iperlipidemia assunzione di altri farmaci, l’uso di PPI era associato a un rischio 1,2 volte maggiore di malattia renale cronica rispetto ai non utilizzatori (OR 1,20; 95% CI 1.12-1.28; p<0.0001).

 

Conclusioni

I PPI sono farmaci frequentemente usati che possono causare AKI e CKD. Sarà necessario incrementare gli sforzi per educare gli operatori sanitari sul corretto utilizzo dei PPI in modo da ridurre la sovrautilizzazione di questi farmaci.

 

Hart, E. et al. “Proton pump inhibitors and risk of acute and chronic kidney disease: a retrospective cohort study”
Pharmacotherapy. doi:10.1002/phar.2235

 

LinkedIn
Share
Instagram
WhatsApp