Osteoporosi, denosumab, necrosi della mandibola e procedure odontoiatriche

Sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism un articolo descrive il rischio di sviluppare necrosi della mandibola in relazione agli interventi odontoiatrici subiti durante la terapia con denosumab.

 

 

L’osteonecrosi della mandibola nel paziente in terapia per osteoporosi è un evento avverso ben conosciuto che riguarda alcuni farmaci in grado di controllare il rimodellamento osseo, quali i bifosfonati e il denosumab. Con gli anni si è arrivati a categorizzare alcuni dei fattori che aumentano il rischio di sviluppare necrosi della mandibola, tra cui la chirurgia orale (in special modo estrazioni dentarie), protesi dentarie, patologie infiammatorie del cavo orale (es. parodontite), ma anche l’età avanzata, il fumo di tabacco e l’uso di corticosteroidi (cortisone e derivati).
Il trattamento raccomandato per questa condizione va dall’approccio conservativo (ovvero l’attesa) nei casi più lievi, alla prescrizione di antibiotici fino alla chirurgia riparativa nei casi più complessi.

Lo studio internazionale FREEDOM (Fracture REduction Evaluation of Denosumab in Osteoporosis every 6 Months) ha dimostrato l’efficacia del denosumab rispetto a placebo in termini di riduzione del rischio di fratture vertebrali, non vertebrali e del bacino in donne in menopausa affette da osteoporosi nell’arco di 3 anni di terapia.

Un’estensione di questo studio ne ha invece descritto la sicurezza con riguardo al rischio di sviluppare osteonecrosi mandibolare nell’arco di 7 anni di terapia, stratificando il rischio sulla base di eventuali procedure odontoiatriche e chirurgiche orali subite.
Dei 4450 pazienti arruolati nell’estensione dello studio, il 78,9% (3591) ha compilato un questionario sugli interventi odontoiatrici intercorsi (igiene dentale, estrazioni, impianti, caduta di un dente o chirurgia mandibolare):

  • 1621 pazienti (45,1%) hanno riportato almeno un intervento: 11 i casi di necrosi mandibolare, ovvero lo 0,68%;
  • 1970 pazienti (54,9%) non avevano subito alcun tipo di intervento: 1 solo caso, incidenza pari allo 0,05%.

Nessun evento è avvenuto in relazione alla semplice igiene dentale, mentre l’estrazione dentale è risultato l’intervento maggiormente chiamato in causa, verosimilmente data la sua relativa frequenza (circa il 25% dei pazienti che hanno dato risposta affermativa al questionario).
Ciò nonostante, a fronte di una alta frequenza di procedure interventistiche, l’incidenza di necrosi mandibolare è risultata sostanzialmente bassa.
La maggior parte dei casi era di lieve o moderata entità e si è risolta con le appropriate terapie nell’arco di 3-20 mesi, spesso nonostante la scelta di proseguire la somministrazione di denosumab.

Questi risultati suggeriscono che la terapia con denosumab non deve essere necessariamente interrotta nel momento in cui ci si sottopone ad intervento di chirurgia orale di routine, in special modo nei casi in cui il rischio di progressione dell’osteoporosi e quindi di andare incontro a fratture è particolarmente elevato.

 

Nelson B Watts et al. “Invasive Oral Procedures and Events in Women With Postmenopausal Osteoporosis Treated With Denosumab for up to 10 Years”
The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolismhttps://doi.org/10.1210/jc.2018-01965

LinkedIn
Share
Instagram
WhatsApp