Le statine riducono la mortalità dei pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica (ASCVD), ma l’aderenza alla terapia è subottimale.
Nel 2013 due società scientifiche americane “College of Cardiology” (ACC) e “American Heart Association” (AHA) hanno raccomandato nelle principali linee guida americane, per il trattamento del colesterolo elevato, l’uso delle statine ad alto dosaggio, a seguito delle numerose prove della loro efficacia nel ridurre il rischio di eventi cardiovascolari e mortalità.
Nel 2018 le linee guida sul trattamento del colesterolo elevato sono state aggiornate, le statine rimangono sempre la terapia di prima scelta, tuttavia è fondamentale verificare periodicamente l’aderenza terapeutica ed eseguire delle visite di follow-up.
In questo studio è stato evidenziato come molti pazienti in trattamento con le statine (tutti i dosaggi), ad alto rischio di eventi cardiovascolari, non aderiscano completamente alla terapia; dall’analisi dei registri è emerso che le statine sono sottoutilizzate e sotto-dosate rispetto alla scheda tecnica dei medicinali stessi e che nonostante le linee guida rilasciate dalle società scientifiche, ACC e AHA, persistono disparità per alcuni gruppi di pazienti, in particolare gli anziani, le donne e alcune minoranze etniche.
Lo studio, pubblicato su Jama Cardiolgy ha determinato la correlazione tra l’aderenza terapeutica del paziente alle statine e la mortalità nei pazienti, con aterosclerosi (atherosclerotic cardiovascular disease – ASCVD), che avevano prescrizioni stabili di statine.
Attraverso il Veterans Affairs Health System sono state analizzate le prescrizioni stabili di statine inserite tra il 1 ° gennaio 2013 e l’aprile 2014, su pazienti di età compresa tra 21 e 85 anni, con un codice patologia per ASCVD.
L’aderenza è stata definita, attraverso l’analisi delle prescrizioni, dal rapporto di possesso del farmaco; i livelli di aderenza sono stati classificati come inferiori al 50%, dal 50% al 69%, dal 70% all’89% e al 90% o superiore.
L’outcome primario ha valutato la mortalità per tutte le cause; mentre quelli secondari hanno verificato la mortalità ad 1 anno, l’ospedalizzazione ad 1 anno per eventi cardiovascolari (ischemia, malattie cardiache o ictus ischemico), la correlazione tra i livelli di aderenza alla terapia e l’ospedalizzazione per sanguinamento gastrointestinale e polmonite.
Risultati
Lo studio ha analizzato i dati di 347.104 adulti con ASCVD con una prescrizione stabile di statine, di questi 5.472 (1,6%) erano donne, 284 150 (81,9%) erano bianchi, 36 208 (10,4%) erano afroamericani, 16 323 (4,7%) erano ispanici, 4093 (1,2%) erano Pacific Islander, 1293 (0,4%) erano nativi americani, 1145 (0,3%) erano asiatici e 1794 (0,5%) erano altre razze.
I pazienti con una prescrizione di statine a basso dosaggio erano più aderenti alla terapia rispetto ai pazienti con prescrizioni di dosaggi più elevati (OR 1,18, IC 95%, 1,16-1,20). Dai vari sottogruppi analizzati è emerso che le donne erano meno aderenti rispetto agli uomini (OR, 0,89, IC 95%, 0,84-0,94), così come i gruppi di minoranza. I pazienti più giovani e quelli più anziani erano meno aderenti alla terapia rispetto agli adulti di età compresa tra 65 e 74 anni.
Durante una media di 2,9 anni di follow-up, ci sono stati 85 930 decessi (24,8%). Rispetto ai pazienti più aderenti (+90%), i pazienti con aderenza inferiore al 50% presentavano un hazard ratio (aggiustato per le caratteristiche cliniche e l’aderenza ad altri farmaci cardiaci) di 1.30 (IC 95%, 1.27-1.34) , quelli con un aderenza compresa tra il 50% e il 69% avevano un HR di 1,21 (IC al 95%, 1,18-1,24) e quelli con un aderenza compresa tra il 70% e l’89% avevano un HR di 1,08 (IC al 95%, 1,06-1,09 ).
In CONCLUSIONE è emerso che, una scarsa aderenza alla terapia con statine era associata a un maggior rischio di morte, la minore aderenza si è riscontrata tra le donne, alcune minoranze etniche, i giovani e gli anziani.
Rodriguez F, Maron DJ, Knowles JW, Virani SS, Lin S, Heidenreich PA. “Association of Statin Adherence With Mortality in Patients With Atherosclerotic Cardiovascular Disease.”
JAMA Cardiol. 2019;4(3):206–213. doi:10.1001/jamacardio.2018.4936