La terapia anti-androgenica e il rischio di malattie cardiovascolari

La terapia anti-androgenica rappresenta un trattamento di elezione molto efficace nel cancro alla prostata, ma l’abbassamento dei livelli circolanti di testosterone può avere un  impatto significativo sulla funzionalità cardiovascolare.

 

Il cancro alla prostata è il più frequente tumore nella popolazione maschile, diagnosticato principalmente nella settima decade di vita. Si tratta di un tumore curabile, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni eccellente, pari al 98%, e anche quando non si riesce a curare del tutto l’andamento della malattia è spesso lento e indolente.

Uno dei cardini della terapia è il trattamento anti-androgenico (Androgen Deprivation TherapyADT), data la dipendenza delle cellule tumorali dallo stimolo proliferativo legato agli ormoni sessuali maschili.

È importante conoscere l’impatto della ADT sul rischio cardiovascolare in quanto molti dei fattori di rischio che determinano il cancro prostatico stanno alla base anche delle malattie cardiovascolari (es. età, fumo, dieta, obesità). Ciò nonostante, gli effetti diretti della ADT sul sistema cardiovascolare non sono ancora stati elucidati del tutto.

Sappiamo da uno studio del 2006 basato su circa 25000 pazienti trattati con gli analoghi del GnRH (es. leuprolide, goserelin, triptorelin), che essi presentavano un hazard ratio di 1.44 per diabete mellito, 1.16 per malattia coronarica, 1.11 per infarto miocardico, e 1.16 per morte cardiaca improvvisa. Si tratta di piccole ma significative alterazioni dei fattori di rischio CV che sono state riscontrate in alcuni studi, oppure confermate all’interno di sotto-popolazioni particolari (es. ad alto rischio CV), ma anche confutate, per certi aspetti, in altri studi clinici.

Ciò che è certo è che la ADT porta a modificazioni metaboliche tra cui iperinsulinemia, ipercolesterolemia, aumento del grasso corporeo e riduzione della massa magra: tutti elementi correlati alle malattie cardiovascolari.

Sulla base di ciò furono emesse dalle maggiori società cardiologiche americane raccomandazioni per la riduzione di suddetti fattori di rischio e l’avvio della terapia antiaggregante piastrinica in questi pazienti.

Non possiamo affermare che i dati siano conclusivi, però le supposizioni sono piuttosto fondate, il che impone come minimo un attento monitoraggio dei fattori di rischio cardiovascolare nei pazienti che ricevono la terapia anti-androgenica, ovvero: uso dell’aspirina, misuramento della pressione arteriosa sistemica, livelli di colesterolo, abitudine al fumo di sigaretta, dieta, diabete, esercizio fisico, ma anche monitoraggio elettrocardiografico dell’intervallo QTc. Tali valutazioni dovrebbero essere eseguite ogni 6 mesi.

Una maggiore attenzione va posta per quei pazienti in terapia con i più nuovi farmaci abiraterone enzalutamide, dove si rende necessario un controllo più serrato della pressione arteriosa nei primi mesi dopo l’inizio della terapia.

 

Meijers WC & Jahangir E. “Androgen Deprivation Therapy and Cardiovascular Disease”
American College of Cardiology, Expert Analysis, luglio 2019 https://www.acc.org/latest-in-cardiology/articles/2019/07/25/08/34/androgen-deprivation-therapy-and-cvd

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