Rischio cardiovascolare associato all’uso di Remdesivir in pazienti affetti da COVID-19

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Il 22 ottobre 2020 la Food and Drug Administration (FDA), l’ente statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha approvato remdesivir come trattamento farmacologico contro il COVID-19 e pertanto il suo utilizzo in tutto il mondo è stato incrementato durante la pandemia. Il remdesivir è un farmaco antivirale della classe degli…

Il 22 ottobre 2020 la Food and Drug Administration (FDA), l’ente statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, ha approvato remdesivir come trattamento farmacologico contro il COVID-19 e pertanto il suo utilizzo in tutto il mondo è stato incrementato durante la pandemia.

Il remdesivir è un farmaco antivirale della classe degli analoghi nucleotidici che ha mostrato un effetto protettivo nei confronti del SARS-CoV-2 inibendone efficacemente la proliferazione in vitro.

Successivi studi randomizzati controllati con placebo e studi in aperto hanno dimostrato che il trattamento con remdesivir ha ridotto il tempo mediano di recupero dei pazienti affetti da COVID-19, con alcuni studi che hanno dimostrato una riduzione della mortalità.

Sebbene l’efficacia di questo farmaco sia stata ampiamente studiata, gli eventi avversi associati non erano ben caratterizzati, dato che il remdesivir finora non era stato utilizzato in modo estensivo nella pratica clinica, pertanto, non c’erano prove sufficienti sulla sicurezza.

Recenti studi hanno permesso di mettere in evidenza un’aumentata incidenza di eventi avversi rari ma letali associati all’uso del remdesivir, quali infarto del miocardio e arresto cardiaco

Un ampio studio osservazionale, registrato su clinicaltrial.gov NCT04314817, ha permesso di caratterizzare le reazioni avverse ai farmaci (ADR) associate al remdesivir utilizzando VigiBase, un database per la segnalazione di casi individuali di sicurezza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, dal quale sono stati estratti i casi di ADR associati al remdesivir fino al 30 agosto 2020.

Le segnalazioni includevano caratteristiche del paziente (età, sesso e nazionalità), informazioni sul farmaco (indicazioni, dosaggio, regime, via di somministrazione e durata della prescrizione), ADR (tempo di insorgenza, natura e gravità dell’ADR, esiti fetali e mortalità) e informazioni amministrative generali (data della segnalazione, qualifica del segnalatore e Paese di origine).

Poiché è noto che il decorso naturale del COVID-19 comporta un danno al miocardio, è stato fondamentale distinguere gli effetti Cardiovascolari indotti dal farmaco da quelli indotti dal COVID-19

Sono stati eseguiti studi “Case-Non Case” (caso- non caso), una metodica utilizzata per valutare la sicurezza dei farmaci analizzando la sproporzione delle segnalazioni di reazioni avverse ai farmaci nei database di farmacovigilanza. Quando i pazienti esposti a un particolare farmaco (“casi”) presentano una percentuale maggiore di reazioni avverse rispetto a quelli non esposti a quel farmaco (“non casi”), il legame tra la reazione avversa e il singolo farmaco attivo può suggerire un possibile problema di sicurezza.

Il numero di ADR segnalate per remdesivir era di 2107 da febbraio 2020 al 30 agosto 2020 e in questo intervallo il numero totale di ADR per tutti i farmaci segnalate su VigiBase è stato di 1.403.532. Il numero totale di pazienti con COVID-19 inclusi nell’analisi è stato di 5408

Le analisi statistiche hanno permesso di dimostrare che il numero di segnalazioni per reazione avversa cardiovascolare era significativamente più alto con remdesivir rispetto al numero dei “non casi” corrispondente all’intero database. Dopo un aggiustamento per la presenza dei vari fattori confondenti, tra cui, per esempio, l’uso in associazione di corticosteroidi, sono risultati significativamente associati all’uso di remdesivir l’arresto cardiaco (OR aggiustato [aOR]: 1,88, 95% CI: 1,08-3,29), la bradicardia (aOR: 2,09, 95% CI: 1,24-3,53) e l’ipotensione (aOR: 1,67, 95% CI: 1,03-2,73).

Tutte le CV-ADR associate a remdesivir si sono verificate più frequentemente nei pazienti di sesso maschile (51,6%-90,0%) rispetto a quelli di sesso femminile.

Dal momento che, come detto, il COVID-19 può causare lesioni al miocardio e mettere a dura prova il sistema CV attraverso l’attivazione infiammatoria e l’ipossia, per confermare la causa biologica, sono stati progettati esperimenti in vitro utilizzando cellule staminali pluripotenti umane (hPSC) cui sono state aggiunte varie concentrazioni di remdesivir per 24 o 48 ore, ed è stata valutata la vitalità cellulare. I risultati di questi esperimenti hanno dimostrato che il remdesivir ha effettivamente ridotto la vitalità cellulare delle hPSC e che l’effetto citotossico del farmaco aumentava con l’aumentare del dosaggio.

Complessivamente, dunque, i risultati di queste analisi e di queste sperimentazioni a livello di popolazione hanno colto la cardiotossicità associata al remdesivir distinguendola dal decorso naturale di COVID-19. Queste informazioni potrebbero essere d’aiuto ai medici, fornendo una maggiore consapevolezza delle potenziali conseguenze avverse a livello cardiovascolare in seguito all’assunzione di remdesivir, in modo da poter attuare un adeguato monitoraggio cardiovascolare per mantenere un margine di sicurezza tollerabile.

Bibliografia

Se Yong Jung. Cardiovascular events and safety outcomes associated with remdesivir using a World Health Organization international pharmacovigilance database. Clin Transl Sci. 2022 Feb;15(2):501-513.

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