Aspirina nella prevenzione primaria del rischio cardiovascolare: analisi di efficacia e sicurezza.

JAMA

 

Una recente meta-analisi sistematica mette in luce efficacia e sicurezza dell’aspirina nell’ambito della prevenzione primaria

Fonte: JAMA

 

 

 

Negli ultimi anni la curva di riduzione della mortalità per infarto miocardico e ictus cerebrovascolare ha raggiunto un plateau.
Lo sforzo delle società internazionali di cardiologia si sta quindi concentrando sulla prevenzione primaria, il che implica programmare interventi di sanità pubblica, sulla popolazione sana, andando ad ottimizzare in primis l’esposizione ai fattori di rischio cardiovascolari.

Nell’ambito della prevenzione secondaria, laddove cioè il paziente presenta diagnosi di malattia cardiovascolare, il valore protettivo dell’aspirina è fuori discussione; tuttavia, ad oggi i trial clinici su pazienti sani non sono riusciti a chiarire fino a che punto i benefici del trattamento con aspirina siano in grado di giustificare il rischio inerente di reazioni avverse, tipicamente legate all’insorgenza di sanguinamenti. Conseguenza diretta di questa incertezza è la sostanziale assenza di linee guida univoche e condivise riguardo all’utilizzo di aspirina nel paziente sano, il che potrebbe stare alla base del calo di prescrizioni (in questa fascia di popolazione) cui si sta assistendo da alcuni anni.

Sulla base di queste considerazioni, gli autori dell’articolo in oggetto hanno impostato una metanalisi di 13 trial clinici presenti in letteratura, totalizzando 164 225 pazienti, seguiti per una media di 5 anni, e analizzando perciò in termini statistici, globalmente, 1 050 511 anni di follow-up.

Come c’era da aspettarsi, i risultati dimostrano ancora una volta che l’aspirina riduce il rischio di mortalità cardiovascolare, di infarto miocardico non fatale e di ictus non fatale, aumentando nel contempo il rischio di sanguinamenti maggiori quali emorragie intracraniche e gastro-intestinali, in ciascuna sotto-popolazione presa in esame (basso rischio cardiovascolare, alto rischio cardiovascolare, diabetici). C’è da notare però che a fronte della ridotta mortalità cardiovascolare, gli eventi avversi fatali siano tuttalpiù rari.

Lo studio non fa altro che confermare, pur autorevolmente, il fatto che il rapporto rischio/beneficio sia sostanzialmente alla pari. Ciò significa che rimane al medico la decisione di consigliare, caso per caso, ad una persona sostanzialmente sana di assumere aspirina giornalmente, sulla base della propria esperienza, della percezione del rischio individuale o delle proprie convinzioni.

In teoria la prescrizione concomitante di inibitori di pompa protonica (cosiddetti gastroprotettori) potrebbe spostare l’equilibrio a favore dei benefici; tuttavia, a parte il fatto che non esistono trial clinici randomizzati che abbiano affrontato specificamente la questione, quale persona sana vorrebbe assumere farmaci, giornalmente, per prevenire un rischio ipotetico?

Sembra proprio che abbiamo raggiunto un plateau anche nella capacità di fare miracoli con l’acido salicilico.

 

Zheng SL, Roddick AJ. Association of Aspirin Use for Primary Prevention With Cardiovascular Events and Bleeding EventsA Systematic Review and Meta-analysis.
JAMA. 2019;321(3):277–287. doi:10.1001/jama.2018.20578

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