Danni al fegato indotti da farmaci e COVID-19

Uno degli aspetti emergenti nella pandemia da COVID-19 è la frequente associazione con anomalie epatiche. L’incremento degli enzimi epatici è stato osservato nel 14-53% dei pazienti con COVID. I motivi possono essere legati sia all’infezione virale che all’uso dei farmaci.

 

 

 

Le anomalie degli enzimi epatici nei pazienti con COVID sono generalmente di entità lieve o moderata e consistono in un aumento delle transaminasi. I pazienti interessati da tale aspetto sono sintomatici o con forme gravi di COVID. Il meccanismo patogenetico alla base di tali anomalie è ignoto. Tale fenomeno potrebbe essere dovuto all’infezione diretta del virus, all’infiammazione sistemica indotta dal virus, all’ipossia epatica (in conseguenza del quadro di sindrome da distress respiratorio o per motivi trombotici) e infine potrebbe essere dovuto ai farmaci usati per trattare la patologia.

Molti farmaci già in commercio sono stati proposti per essere riposizionati nei confronti del COVID. Di fatto, oltre ai farmaci in sperimentazione clinica, diversi farmaci sono entrati nell’uso off-label dell’infezione.

In tale contesto emergente, un network francese per lo studio dell’epatotossicità indotta da prodotti medicinali ha focalizzato la sua attenzione sui danni al fegato che possono derivare dall’utilizzo dei farmaci nei confronti dell’infezione COVID-19.

In particolare, andando ad analizzare i singoli farmaci, è stato evidenziato che:

  • Idrossiclorochina è un potenziale ma raro caso di danno epatico indotto da farmaci (DILI)
  • Azitromicina può causare un danno epatico idiosincrasico.
  • Tutte le forme di interferone causano un insulto al fegato
  • Lopinavir è associato ad un elevazione moderata grave dei livelli di transaminasi sieriche (>5 volte il livello normale) nel 3%-10% dei casi
  • Esistono pochi dati riguardo all’epatotossicità del remdesivir
  • Baricitinib può >5 volte il livello delle transaminasi nell’1% dei pazienti
  • Darunavir è associato  ad un aumento moderato grave dei livelli di transaminasi sieriche (>5 volte il livello normale) nel 3%-10% dei casi
  • Favipiravir ha prodotti pochi dati riguardo la sua epatotossicità.

Infine, è utile ricordare che il danno epatico acuto è stato definito sulla base di criteri biologici tali per cui l’elevazione sierica della concentrazione della transaminasi alanina aminotransferasi (ALT) è maggiore del limite superiore del range di normalità (ULN), così come la concentrazione di bilirubina totale o di fosfatasi alcalina (ALP).

  • aumento di ALT ≥ 5 × ULN

    o

  • aumento di ALP ≥ 2 ULN (in assenza di patologia ossea)

    o

  • Combinazione di un aumento di ALT ≥ 3 ULN con aumento simultaneo di bilirubina totale al di sopra di 2 × ULN.

L’attenzione e la segnalazione di potenziali reazioni avverse anche ai farmaci per il COVID sono particolarmente da incoraggiare anche in questo periodo per valutare con completa cognizione sia l’efficacia che la sicurezza di tali farmaci nel contesto dell’emergenza pandemica. Un ulteriore approfondimento sull’argomento può essere letto nell’articolo originale

Bibliografia

Olry, A., Meunier, L., Délire, B. et al. Drug-Induced Liver Injury and COVID-19 Infection: The Rules Remain the Same. Drug Saf (2020).

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