Cardiotossicità associata alla gemcitabina: revisione della letteratura e studio di farmacovigilanza

La gemcitabina è un analogo nucleosidico, ampiamente utilizzato da solo o in combinazione, per il trattamento di più tumori. La gemcitabina è generalmente preferita nei pazienti anziani o fragili a causa del profilo di tossicità inferiore rispetto ad altri farmaci antitumorali. Tuttavia, la gemcitabina può anche essere associata a reazioni avverse cardiovascolari (CV-ADR). Infatti, oltre alla mielosoppressione, sono emerse molte altre ADR da quando la gemcitabina è stata approvata dalla Food and Drug Administration (FDA), inclusa la microangiopatia trombotica, polmonite interstiziale e sindrome da perdita capillare (CLS).

Un articolo pubblicato recentemente su Pharmaceuticals, fornisce una revisione della letteratura e racconta uno studio di farmacovigilanza osservazionale, retrospettivo, effettuato attraverso Vigibase.

Revisione in letteratura

È stata effettuata una ricerca dei casi di cardiotossicità associati alla gemcitabina, pubblicati su MEDLINE fino al 30 maggio 2019.

Gli autori hanno individuato 23 casi di reazioni avverse cardiovascolari associate a gemcitabina. Di questi: 4 erano casi di infarto del miocardio, 10 casi di insufficienza cardiaca, 6 casi di aritmie sopraventricolari, 8 casi di disturbi associati al pericardio.

I pazienti avevano assunto gemcitabina per il trattamento di: cancro al pancreas (12 casi, 52%), cancro al polmone (5 casi, 22%), linfoma (5 casi, 22%).

La gemcitabina è stata sospesa definitivamente in 16/23 casi (70%) e in 7 è stata ripresa. La ricomparsa dei sintomi in seguito alla riassunzione del farmaco (rechallenge positivo) si è verificata in 4/7 casi (57%).

In questa revisione sono stati esaminati anche i trials clinici sulla gemcitabina. Di 106 studi (per un totale di 14015 pazienti coinvolti), in 17 (pazienti totali 2386) sono state segnalati 33 casi di reazioni avverse cardiovascolari. Da questi dati, sono stati stimati dei tassi di incidenza: 0,24% (33/14015) per tutti i pazienti che hanno ricevuto gemcitabina nei trials clinici e 1,38% (33/2386) per i pazienti che hanno partecipato agli studi nei quali sono state segnalate le ADR cardiovascolari.

Delle 33 reazioni cardiovascolari segnalate per gemcitabina, 27 erano gravi e hanno incluso: 8 casi di infarto del miocardio, 2 casi di versamento pericardico, 7 casi di insufficienza cardiaca e 1 caso di aritmia.

Studio di farmacovigilanza

Tramite VigiBase, il database globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dei rapporti sulla sicurezza dei singoli casi, sono state confrontate le segnalazioni di ADR cardiovascolari associate alla gemcitabina rispetto alla totalità delle segnalazioni presenti nell’intero database fino al 1 aprile 2019.

Questo studio ha permesso di caratterizzare meglio le reazioni avverse cardiovascolari associate a gemcitabina, in particolare le caratteristiche cliniche tra cui il tempo di insorgenza e la gravità di circa 1000 segnalazioni.

Al 1 aprile 2019 il numero totale di ADR in VigiBase era 18.908.940, mentre quelle da gemcitabina erano 46.898.

La gemcitabina è stata associata a segnalazioni più elevate di ischemia miocardica (IM, n: 119), malattie pericardiche (n: 164), aritmie sopraventricolari (SVA, n: 308) e insufficienza cardiaca (HF, n: 484) rispetto alla totalità delle segnalazioni presenti nell’intero database con IC 025 compreso tra 0,40 e 2,81.

Le ADR cardiovascolari segnalate sono state associate a morte fino al 17% dei casi.

Il trattamento con gemcitabina è significativamente associato a reazioni avverse cardiovascolari potenzialmente letali, inclusi infarto del miocardio, malattie pericardiche, aritmie sopraventricolari, e insufficienza cardiaca. Questi eventi devono essere considerati nella cura del paziente e nella progettazione degli studi clinici.

Leggi l’articolo intero qui.

Sospensione di farmaci per motivi di sicurezza: una revisione dei dati che supportano la decisione di sospensione.

Metodi.

Gli autori hanno analizzato i farmaci sospesi dal mercato tra il 1990 e il 2010. Tutte le Agenzie Regolatorie dei farmaci che fanno parte del programma per Monitoraggio Internazionale dei Farmaci (Program for International Drug Monitoring) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sono state contattate. Per avere una maggiore completezza dei dati, sono stati analizzati Medline, libri di riferimento e database dei farmaci. Le fonti di informazione sulle quali le autorità basano i motivi della sospensione sono state categorizzate ed è stato poi calcolato il tempo medio tra la data della prima esposizione dei soggetti al farmaco e il momento della sospensione.

Risultati.

Un totale di 133 farmaci che rispondevano ai criteri di inclusione e di esclusione sono stati sospesi dal mercato per ragioni di sicurezza nel periodo oggetto della presente revisione (1990 – 2010). Le ragioni principali responsabili della sospensione del 69,2 % di tutti i farmaci sono state le seguenti: epatotossicità (n=36, 27.1%), disordini cardiaci (n=25, 18.8%), ipersensibilità (n=17, 12.8%) e nefrotossicità (n=14, 9.8%).

Nella maggior parte dei casi, le fonti di informazione determinanti per la sospensione dei farmaci consistevano in segnalazioni spontanee e/o in case reports (n=86, 64.7%), seguite da segnalazioni provenienti da studi clinici (n=24, 18.0%). Il tempo medio tra l’introduzione di un farmaco nel mercato e la sua sospensione definitiva per motivi di sicurezza è stata di circa 20.3 anni (SD±13.8).

Discussione e conclusioni.

Sulla base delle evidenze disponibili e pubblicate, non esiste un metodo gold standard per identificare i rischi associati all’esposizione ai farmaci. I dati riportati dagli autori sottolineano il ruolo che le differenti fonti di informazione giocano nel contribuire al processo di revisione della sicurezza dei farmaci.

Un ruolo fondamentale è rivestito chiaramente dalla segnalazione spontanea e dai case report che contribuiscono alla comunicazione delle informazioni di sicurezza per quasi i 2/3 di tutte le fonti disponibili. Ciò attribuisce nuovamente un ruolo essenziale ai sistemi di farmacovigilanza nazionali nel reperimento di tali informazioni sulla sicurezza dei farmaci.

Le principali 10 ragioni di ritiro dei farmaci dal mercato:

Bibliografia.

Nuno Sales Craveiro*, Bruno Silva Lopes, Lara Tomás and Sofia Fraga Almeida, “Drug Withdrawal Due to Safety: A Review of the Data Supporting Withdrawal Decision”, Current Drug Safety (2020) 15: 4. E’ possibile leggere l’articolo completo qui

Esposizione intrauterina ai farmaci biologici, una revisione sistematica sulla sicurezza

Le malattie autoimmuni infiammatorie sono malattie croniche che spesso colpiscono le donne in età fertile. Pertanto, è importante una conoscenza dettagliata del profilo di sicurezza dei farmaci utilizzati per la gestione delle malattie autoimmuni infiammatorie durante la gravidanza. Tuttavia, in molti casi i potenziali effetti dannosi dei farmaci (soprattutto biologici) durante la gravidanza (e l’allattamento) su madre e bambino non sono stati completamente identificati.

Obiettivo: Lo scopo dello studio era aggiornare i dati sul verificarsi di aborti spontanei e malformazioni congenite (maggiori) quando si utilizzano farmaci biologici durante la gravidanza sulla base di articoli di recente pubblicazione. Inoltre, sono stati selezionati diversi endpoint secondari che potrebbero essere di interesse per i medici, in particolare le informazioni sugli eventi avversi nell’uso di uno specifico biologico durante la gravidanza.

Materiale e metodi: è stata condotta una ricerca dal 1 ° gennaio 2015 al 4 luglio 2019 in Embase.com, Medline Ovid, Web of Science, Cochrane CENTRAL e Google Scholar con termini di ricerca specifici per ciascun database. La selezione delle pubblicazioni era basata sul titolo / abstract e seguita dal testo completo (in doppio cieco, due ricercatori).

Risultati: sono state incluse 143 pubblicazioni in totale. Il numero totale di casi variava da 9 per Canakinumab a 4276 per Infliximab. Le percentuali di aborti spontanei e malformazioni congenite maggiori non hanno mostrato differenze rilevanti da quelle percentuali nella popolazione generale (stimate nello studio come 10–20% e 2–5.5% nella popolazione generale).

Conclusione: nonostante i limiti dello studio, non sono stati segnalati problemi di sicurezza importanti e non è stato possibile identificare alcuna tendenza nelle malformazioni riportate.

È probabile che adalimumab, certolizumab ed etanercept possano essere presumibilmente prescritti in modo sicuro durante la gravidanza, soprattutto considerando gli effetti negativi della malattia attiva sulle madri, gli esiti della gravidanza, e i bambini.

Per quanto riguarda infliximab, sono stati rilevati tassi elevati di infezioni nei bambini, principalmente da uno studio, ed è raccomandato un approccio più conservatore, in particolare una terapia di combinazione con le tiopurine.

L’interruzione prima del terzo trimestre può ridurre la possibilità di infezioni nella prole. Inoltre, i rischi dell’utilizzo di abatacept, anakinra, canakinumab, golimumab, rituximab, tocilizumab, ustekinumab e vedolizumab non sono ben conosciuti e i dati noti disponibili a riguardo sono scarsi. Questo studio conferma le precedenti revisioni della letteratura effettuate sull’ uso e la sicurezza dei farmaci biologici durante la gravidanza nelle malattie autoimmuni.

Leggi l’articolo completo qui.

LinkedIn
Share
Instagram
WhatsApp