Sicurezza della fexofenadina e di altri antistaminici orali di seconda generazione

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L’obiettivo principale dello studio è valutare l’impatto sul profilo di sicurezza della fexofenadina in Italia, successivamente alla rimozione dell’obbligo di ricetta, rapportato con altri paesi europei attraverso l’analisi del database FAERS (FDA Adverts Event Reporting System).

Il passaggio per alcuni farmaci dalla necessità della ricetta medica a farmaco di autosomministrazione ha un impatto importante nel mercato farmaceutico, tanto che, dalle previsioni fatte al 2024, ci si aspetta un incremento della loro vendita.

La fexofenadina è un antistaminico di seconda generazione, commercializzato per la prima volta in Europa nel 1990 sotto prescrizione medica e dal 2008 come farmaco da banco (OTC); in Italia è in OTC dal 2016.

La Società Canadese di Allergia e Immunologia Clinica (CSACI) raccomanda che la nuova generazione di antistaminici sia trattamento di prima linea nel contesto di rinite allergica e orticaria, a causa del superiore profilo di efficacia; per cui è di grande importanza valutare la loro sicurezza nella pratica quotidiana.

Nello studio sono stati considerati tutti i report italiani di reazione avversa grave per fexofenadina, cetirizina o loratidina, presenti nel database FAERS dal primo gennaio 2010 al 30 giugno 2020; confrontandoli con i report per la fexofenadina provenienti dal Belgio, Finlandia, Portogallo, Svizzera e Ungheria.

In Italia, nel periodo, sono state identificate otto sospette reazioni avverse gravi, cinque delle quali indicavano la fexofenadina come il solo farmaco sospetto, due delle quali ascrivibili al periodo in cui era ancora necessaria la prescrizione; mentre negli altri stati europei considerati sono stati evidenziati tra i 2 e i 5 report.

Il piccolo numero di eventi avversi riportati per fexofenadina e alcuni altri antistaminici orali di seconda generazione nel periodo compreso tra il 2010 e il 2020 può essere conseguente all’ottimo profilo di sicurezza di questi medicinali. L’aumento di eventi avversi, quando è stato tolto l’obbligo di ricetta può essere la conseguenza delle aumentate vendite e di un’intensificazione dell’attività di farmacovigilanza.

Questo studio suggerisce l’assenza di un impatto sul profilo di sicurezza della fexofenadina, al variare del tipo di prescrizione; inoltre, mette in luce I sistemi di segnalazione spontanea come una preziosa fonte per esplorare e caratterizzare l’uso dei farmaci OTC nella pratica quotidiana.

Bibliografia:

Carnovale C, Battini V, Gringeri M et al. Safety of fexofenadine and other second-generation oral antihistamines before and after the removal of the prescription requirement in Italy and other European countries: A real-world evidence study and systematic review. World Allergy Organ J. 2022 Jul 2;15(7)

Leggi qui l’articolo completo

La psicofarmacologia nella gestione dei pazienti con COVID-19

Con la rapida diffusione globale di “Severe Acute Respiratory Syndrome Coronavirus 2 (SARS-CoV-2)”, gli ospedali sono stati inondati di pazienti affetti da infezione da COVID-19.

Il diffondersi della pandemia ha visto emergere tra le varie complicanze dei soggetti con COVID-19 anche quelle psichiatriche, cosicché gli psichiatri sono frequentemente chiamati in causa per la gestione delle condizioni di questi pazienti, trovandosi spesso ad affrontare scenari clinici impegnativi di molteplici comorbidità mediche e farmaci sconosciuti. L’unico farmaco approvato dalla agenzia regolatoria americana (Food and Drug Administration, FDA) per il trattamento del COVID-19 è il remdesivir, e altri farmaci off-label usati includono clorochina e idrossiclorochina, tocilizumab, lopinavir / ritonavir, favipiravir, terapia plasmatica di convalescenza, azitromicina, vitamina C, corticosteroidi, interferone, e colchicina.

Data la letteratura limitata in questo settore, è stata eseguita una revisione mirata, in cui sono state condotte ricerche di letteratura strutturata su PubMed per identificare articoli che descrivono l’impatto di COVID-19 su diversi sistemi di organi, gli effetti avversi neuropsichiatrici dei trattamenti e qualsiasi potenziale interazione farmacologica con psicotropi, con l’obiettivo di fornire una panoramica delle principali considerazioni sulla sicurezza rilevanti per i medici che prescrivono psicotropi a pazienti con COVID-19, sia in relazione alla malattia che ai trattamenti proposti.

Da tale ricerca è emerso che COVID-19 influisce su più organi, inclusi fegato, reni, polmoni e cuore, nonché sui sistemi immunitario ed ematologico.  Il danno a questi organi o sistemi può portare a cambiamenti farmacocinetici che influenzano l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e / o l’escrezione di farmaci psicotropi, nonché una maggiore sensibilità a determinati effetti avversi psicotropi.

Inoltre, diversi trattamenti proposti per COVID-19 hanno effetti neuropsichiatrici e potenziali interazioni con psicotropi comunemente usati. Ciò può avere implicazioni sulla sicurezza per l’uso di psicotropi, che sono altamente metabolizzati dal sistema epatico del citocromo p450 e portano il loro potenziale di interazioni farmacologiche ed effetti avversi sugli organi terminali.

Pertanto, gli psichiatri dovrebbero familiarizzare con il meccanismo d’azione di questi trattamenti, gli effetti collaterali neuropsichiatrici e le possibili interazioni con gli psicotropi. Inoltre, poiché COVID-19 colpisce più sistemi d’organo, gli psichiatri dovranno essere consapevoli dei problemi di sicurezza inerenti alla prescrizione di psicotropi a questi pazienti.

Sebbene non ci siano controindicazioni assolute all’uso di psicotropi nei pazienti con COVID-19, gli psichiatri devono tenere conto dei potenziali effetti avversi, nonché della potenziale necessità di apportare modifiche ai regimi terapeutici esistenti o evitare di utilizzare determinati agenti psicotropi se sorgono tali problemi di sicurezza, e condurre un’analisi ponderata del rapporto rischio-beneficio come parte del loro processo decisionale clinico.

Altri compiti importanti per lo psichiatra che tratta un paziente con COVID-19 includono la revisione di tutti i farmaci, il monitoraggio degli effetti collaterali neuropsichiatrici di farmaci come l’idrossiclorochina o i corticosteroidi e la differenziazione tra sintomi psichiatrici primari rispetto a quelli secondari a COVID-19 o altri farmaci.

È interessante notare che diversi psicotropi, tra cui aloperidolo e acido valproico, sono stati recentemente nominati in un elenco di farmaci approvati dalla FDA con un potenziale di azione in vitro contro SARS-CoV-2.

La fluvoxamina è anche oggetto di studio per la sua capacità di ridurre la risposta infiammatoria durante la sepsi inibendo la produzione di citochine e la melatonina per le sue proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.  Se saranno disponibili più dati, gli psichiatri potrebbero considerare l’utilizzo preferenziale di questi agenti se clinicamente appropriato.

L’articolo illustra nello specifico le possibili complicanze da COVID-19 a livello dei vari organi e apparati, e gli effetti neuropsichiatrici dei vari trattamenti proposti per contrastare l’infezione da SARS-CoV-2, nonchè gli agenti psicotropi su cui occorre prestare cautela nell’eventuale somministrazione in considerazione di tali effetti.

In conclusione, i medici dovrebbero essere consapevoli della necessità di aggiustare i dosaggi dei farmaci psicotropi quando presenti in terapia o di evitare l’uso di determinati farmaci in alcuni pazienti con COVID-19, e, d’altra parte, avere familiarità con gli effetti neuropsichiatrici dei farmaci usati per trattare questa malattia. Sono necessarie ulteriori ricerche per identificare strategie per gestire i problemi psichiatrici in questa popolazione.

Bibliografia

  1. Melanie Bilbul, M.D., C.M., F.R.C.P.(C), Patricia Paparone, M.D., Anna M. Kim, M.D., Shruti Mutalik, M.D., Carrie L. Ernst, M.D., Psychopharmacology of COVID-19. Psychosomatics 2020 September/October, 61(5): 411–427. doi: 10.1016/j.psym.2020.05.006

Efficacia e sicurezza di glecaprevir / pibrentasvir per il trattamento di pazienti con infezione cronica da HCV: una meta-analisi.

Glecaprevir / pibrentasvir è un regime farmacologico antivirale pangenotipico ad azione diretta (DAA), recentemente approvato per il trattamento di adulti con infezione da genotipi 1–6 di HCV. Negli studi clinici multinazionali di fase II e III, il trattamento con glecaprevir / pibrentasvir ha prodotto tassi elevati di risposta virologica sostenuta al post-trattamento alla settimana 12 (SVR12) ed è stato ben tollerato e con un profilo di sicurezza favorevole in un’ampia gamma di pazienti con infezione cronica da HCV. È importante, tuttavia, valutare i trattamenti per il virus dell’epatite C (HCV) nel mondo reale, poiché le popolazioni di pazienti tendono ad essere più diversificate e potenzialmente meno aderenti al trattamento rispetto a quelle negli studi clinici.

Per molti regimi DAA, è già stata confermata un’efficacia simile in contesti reali a quella osservata negli studi clinici. Tuttavia, poiché glecaprevir / pibrentasvir è stato approvato per il trattamento di pazienti con HCV cronico nell’ultima parte del 2017, i dati pubblicati sul suo utilizzo nella pratica clinica sono attualmente limitati a un piccolo numero di coorti del mondo reale. Inoltre, attualmente mancano analisi di contesti distinti e un’analisi più ampia che combini contesti e paesi diversi.

Per risolvere questo problema, è stata intrapresa una revisione sistematica e una meta-analisi dei dati disponibili nel mondo reale che riportano l’efficacia e / o la sicurezza di glecaprevir / pibrentasvir per il trattamento di adulti con infezione cronica da HCV. I risultati di 18 studi condotti in real life identificati nelle pubblicazioni di riviste dal 1 ° gennaio 2017 al 25 febbraio 2019 e nelle presentazioni al congresso fino al 14 aprile 2019 sono stati raccolti e analizzati per indagare l’efficacia e la sicurezza di una combinazione antivirale ad azione diretta (glecaprevir / pibrentasvir) nella pratica clinica di routine.  Sono stati esclusi gli studi clinici, i casi clinici e gli studi che non hanno distinto i pazienti trattati con glecaprevir / pibrentasvir da altri pazienti, ed è stata condotta una meta-analisi random-effects degli outcomes per determinare i tassi di SVR12 utilizzando i dati d i≥ 2 coorti. 

Gli outcomes di efficacia erano il tasso complessivo di SVR12 nella popolazione ITT (cioè, tutti i pazienti trattati con almeno una dose di glecaprevir / pibrentasvir che avevano dati SVR12 disponibili, interrotti precocemente o persi al follow-up). Queste analisi sono state condotte anche nella popolazione ITT modificata (mITT) (cioè, la popolazione ITT esclusi i pazienti che non hanno raggiunto SVR12 per ragioni diverse dal fallimento virologico). Gli outcomes di sicurezza erano le percentuali di pazienti con eventi avversi (EA; qualsiasi grado), eventi avversi comuni, eventi avversi gravi (SAE), eventi avversi di particolare interesse (scompenso epatico o insufficienza epatica) e interruzione a causa di eventi avversi

Complessivamente, 12.531 adulti sono stati trattati con glecaprevir / pibrentasvir, per un totale di 18 coorti. Tra i pazienti con dati post-trattamento alla settimana 12, i tassi di SVR12 erano del 96,7% (95% CI 95,4-98,1) nella popolazione ITT (n = 8.583, 15 coorti) e del 98,1% (95% CI 97,1-99,2) nella popolazione mITT (n = 7.001, 14 coorti). I tassi di SVR12 erano> −95% nei sottogruppi (genotipo HCV, stato di cirrosi, storia del trattamento, durata del trattamento, trattamento su indicazione e sottogruppi di interesse). Gli eventi avversi sono stati riportati nel 17,7% (1.271 / 7.199) dei pazienti (8 coorti). Eventi avversi gravi sono stati riportati nell’1,0% (55 / 5.522) dei pazienti (6 coorti). Gli eventi avversi più frequenti sono stati prurito, affaticamento e mal di testa. Interruzioni del trattamento correlate a eventi avversi sono state riportate nello 0,6% (33 / 5.595) dei pazienti (6 coorti).

In conclusione, questa analisi ha mostrato che la combinazione glecaprevir / pibrentasvir è altamente efficace e ben tollerata in tutti i genotipi di HCV e nei gruppi di pazienti studiati, coerentemente con i risultati osservati negli studi clinici, anche nei pazienti storicamente considerati più difficili da trattare.

Bibliografia:

  1. Pietro Lampertico , Jose A Carrión , Michael Curry , Juan Turnes , Markus Cornberg , Francesco Negro, Ashley Brown, Marcello Persico, Nicole Wick, Ariel Porcalla, Andreas Pangerl, Eric Crown, Lois Larsen, Yao Yu, Heiner Wedemeyer , Real-world effectiveness and safety of glecaprevir/pibrentasvir for the treatment of patients with chronic HCV infection: A meta-analysis. J Hepatol. 2020 Jun;72(6):1112-1121. doi: 10.1016/j.jhep.2020.01.025

Associazione tra la somministrazione di corticosteroidi sistemici e mortalità nei pazienti critici malati di COVID-19.

Journal of American Medical Association

Il gruppo di lavoro WHO Rapid Evidence Appraisal for COVID-19 Therapies (REACT) ha appena pubblicato una meta-analisi su JAMA in cui si dimostra un risultato importante per la lotta alla malattia da coronavirus 2019 (COVID-19): la somministrazione di corticosteroidi sistemici, paragonata alla terapia standard o al placebo, è risultata associata con una minore mortalità per tutte le cause a 28 giorni nei pazienti critici affetti da COVID-19.

L’effetto dei corticosteroidi sulla mortalità dei pazienti con polmonite influenzale.

L’effetto dei corticosteroidi sull’esito clinico dei pazienti con polmonite influenzale rimane controverso. Gli autori dell’articolo qui presentato hanno condotto una revisione sistematica e una metanalisi mirate a valutare in modo approfondito il ruolo dei corticosteroidi sulla mortalità nei pazienti adulti con polmonite influenzale confrontando i pazienti trattati con corticosteroidi e trattati con placebo.

Rischio di mortalità correlata all’uso di oppioidi

La prescrizione di oppioidi e le morti per overdose correlate al loro uso sono un problema preminente di salute pubblica in Nord America, i cui costi sociali sono imponenti e non del tutto quantificati. Il problema in Europa e in Italia non è altrettanto sentito che negli USA, tuttavia il rischio di aumento di decessi correlati a overdose di oppioidi è reale e potrebbe crescere in futuro senza che l’opinione pubblica ne sia adeguatamente consapevole.

Farmaci Biosimilari: valore e vantaggi

I farmaci biosimilari sono medicinali “simili” per qualità, efficacia e sicurezza ai farmaci biologici di riferimento e non soggetti a copertura brevettuale. Un biosimilare e il suo prodotto di riferimento, pur essendo di fatto la stessa sostanza biologica, possono presentare differenze minori dovute a un certo grado di variabilità naturale, alla loro natura complessa e alle tecniche di produzione.

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